FOGGIA - Inizierà il 17 novembre davanti ai tre giudici della terza sezione della corte d’appello il processo di secondo grado “Decimabis” contro la mafia del pizzo: sono 23 gli imputati che hanno appellato la sentenza del gup di Bari del 18 ottobre 2022 che li condannò a 169 anni complessivi di reclusione perché riconosciuti colpevoli a vario titolo di mafia, estorsioni, armi, duplice tentato omicidio, usura, turbativa d’asta con l’aggravante della mafiosità per i metodi utilizzati e/o per aver agito per agevolare la “Società foggiana”.
Blitz con 44 arresti - L’inchiesta denominata “Decimabis” sfociò nell’emissione di 44 ordinanze cautelari firmate dal gip di Bari su richiesta della Dda ed eseguite tra novembre e dicembre 2020 da squadra mobile e carabinieri del nucleo investigativo. Al termine delle indagini i pm chiesero il rinvio a giudizio di 43 imputati accusati a vario titolo di 30 capi d’imputazione: mafia, 17 estorsioni, 6 tentativi di estorsione, 3 usure; il duplice tentato omicidio dei due figli del boss Federico Trisciuoglio dell’8 settembre 2016 collegato alla guerra tra clan del 2015/2016; armi; turbativa d’asta. Due imputati morirono nelle more dei processi (tra cui il capoclan Federico Trisciuoglio deceduto a 69 anni il 5 ottobre di un anno fa dopo una lunga malattia) e il processo si sdoppiò nel novembre 2021 al termine dell’udienza preliminare: 13 imputati furono rinviati e giudizio, il processo nei loro confronti in corso da due anni davanti ai giudici del Tribunale di Foggia è in dirittura d’arrivo (chieste 12 condanne a 147 anni e 6 mesi, stralciata la posizione del 13° imputato); altri 28 scelsero il rito abbreviato con sconto di un terzo della pena e condanne a 203 anni, 1 mesi e 20 giorni di carcere, sentenza emessa il 18 ottobre 2022; verdetto, come accennato, appellato da 23 condannati.
Il boss Moretti e 4 pentiti- Tra i 23 imputati ci sono tra gli altri Pasquale Moretti (al vertice insieme al padre Rocco della batteria Moretti/Pellegrino/Lanza) cui sono stati inflitti 16 anni per mafia, usura ed estorsione; il figlio Rocchino junior condannato a 10 anni per mafia; Alessandro Aprile, esponente di rilievo del clan Sinesi/Francavilla, cui furono inflitti 10 anni e 8 mesi per estorsione; e 4 pentiti: Alfonso Capotosto, Carlo Verderosa, Giuseppe e il sammarchese Patrizio Villani, quest’ultimo killer di fiducia del clan Sinesi/Francavilla, che sperano in ulteriori sconti di pena rispetto.
L’affare pizzoL’inchiesta “Decimabis” (prosecuzione dell’indagine “Decimazione” sfociata nel blitz del 30 novembre 2018 con 30 arresti, cui seguirono 29 rinvii a giudizio e 27 condanne) ha confermato come sia il pizzo l’affare principale delle tre batterie della “Società”: Moretti/Pellegrino/Lanza, i rivali Sinesi/Francavilla, e Trisciuoglio/Tolonese vicini al primo gruppo. Villani, pentitosi a maggio 2022 dopo una condanna a 30 anni per un omicidio commesso a Foggia il 29 ottobre per conto dei Sinesi/Francavilla collegato alla guerra con i Moretti, ha rivelato tra l’altro che mensilmente nella cassa dei clan entrano 220 mila euro da tangenti e droga.
Estorsioni a tappeto - Dalle inchieste “Decimazione” e “Decimabis” è emersa la strategia dei mafiosi di imporre le estorsioni a tappeto a tutte le categorie produttive: costruttori, imprenditori, commercianti, venditori ambulanti, proprietari di bar, benzinai, discoteche, autodemolizioni, gestori di agenzie di pompe funebri e persino a fantini per poter truccare i risultati di gare ippiche. Le somme richieste alle 23 vittime individuate in “Decimabis” oscillavano da versamenti una tantum di alcune decine di migliaia di euro, a tangenti mensili fra i 500 e i 3mila euro.
“Ti devo uccidere” - Pretese talvolta accompagnate da minacce di questo tenore: “ti sfascio le corna, ti devo uccidere, mi devi portare i soldi”; “ti devi mettere a posto, hai 2 giorni di tempo”; “vogliano regali per Natale, vogliamo soldi: dobbiamo campare anche noi”; “ma a te la testa nessuno te l’ha spaccata: se domani non mi dai tutti i soldi, ti rompo la testa, ti sfascio le corna”; “compà ora arriviamo, stai scherzando troppo col fuoco: io non voglio fare il cattivo però non mi far arrivare al punto che ti devo togliere qualcosa”; “tu fai quello che dico io”.