La coroncina del rosario al collo con cui affida la sua vita e quella del figlio di 5 anni a Dio. La ferita all’addome che le fa ancora male. Ci vorrà del tempo ma le si rimarginerà. Un’altra, invece, che sanguinerà per sempre. Quella del cuore. Jessica non c’è più, uccisa dal padre, reo confesso.
Tefta Malaj non trattiene lacrime e sospiri, quando parla di quella maledetta notte, della adorata figlia Jessica, del figlio piccolo che – ora più che mai – ha bisogno di lei, del futuro.
6mila euro. A tanto ammontavano i risparmi che aveva nascosto in casa. Spariti.
«Quei soldi erano tutto ciò che avevo e che mi sarebbe servito in questo momento – ci racconta Tefta – per me e per mio figlio. Giovedì scorso, quando sono uscita dall’ospedale, sono andata a casa insieme agli assistenti sociali, ma non erano più dove li avevo lasciati e dove per l’ultima volta li avevo visti, proprio sabato sera, qualche ora prima dell’inferno. Solo io e mio marito sapevamo dove erano nascosti».
È convinta che suo marito, quel denaro, lo abbia fatto sparire. Ma quando esattamente? A chi lo avrebbe affidato? Aveva un complice? Tefta ora vive in una casa protetta nel Foggiano, costantemente sorvegliata dai carabinieri e seguita dai servizi sociali.
Tefta hai paura?
«Si. Molta paura. Ricordo bene anche che, quella sera, mio marito parlava al telefono con qualcuno. Diceva: ”Li ho ammazzati. Ho ammazzato tutti e non ho ancora finito”. E poi dove sono finiti tutti i nostri risparmi?»
Vuoi raccontarci cosa è successo quella notte?
«Io dormivo. È venuto a svegliarmi. Aveva il coltello tra le mani e ripeteva: “Ho ucciso anche quello”, ma io non ho capito cosa intendesse e che si riferisse a Massimo. Poi in camera da letto è arrivata Jessica che aveva sentito le voci, i rumori. E ha cercato di difendermi. Non so come ci siamo ritrovate nel soggiorno. Aveva accoltellato lei e anche me. Insulti, ingiurie, parolacce mentre ci colpiva. E filmava».
Tefta si interrompe. Lunghi silenzi. Il pianto disperato, ma composto. Ricorda perfettamente gli ultimi istanti di vita di sua figlia, di come cercava di tenerla sveglia e di come aveva capito che se ne stava andando.
«Le dicevo resisti, resisti. Non ti addormentare. Le tenevo la mano sulla ferita per fermare il sangue. Parlami. Non mi lasciare. Lei mi guardava, ma non aveva la forza di parlare. Non riesco a stare senza di lei»
Tu sei convinta che Taulant volesse uccidere vostra figlia?
«Si. Lei era il suo reale obiettivo perché negli ultimi giorni Jessica più volte lo aveva minacciato di denunciare le molestie subite due anni fa. Non voleva a casa il padre, da allora. Non gli parlava più e lui non si rassegnava a tutto ciò. Ha pianificato tutto. Qualche giorno prima mi ha detto che aveva comprato dei coltelli. Il coltello con cui ci ha colpito non era tra quelli presenti nella nostra casa. Jess era tutta la mia vita. Era tutto per me. Era mia figlia, mia amica, mia confidente»
Tefta, assistita dall’avvocato Michele Sodrio, racconta così il suo rapporto con Jess che le è morta davanti, senza poter fare niente per salvarla. «Eravamo sempre insieme – dice ancora tra le lacrime che non smettono mai di scenderle – facevamo tutto insieme. Uscivamo, parlavamo, scherzavamo e piangevamo. Una volta avevamo litigato perché aveva preso un brutto voto a scuola. Al mattino quando mi svegliai, in cucina trovai i pancake preparati da lei e una lettera piena di amore per me».
Le graffiano il cuore i ricordi, ma non ce la fa a non descrivere quella amata figlia sempre sorridente e piena di vita, proprio come lo facevano nei giorni scorsi i suoi amici. «Insegna agli angeli a causare», cioè a fare festa, scrivevano su un panno bianco, nel giorno del suo funerale. «Dopo la scuola, Jess voleva iscriversi all’Universitá, voleva frequentare giurisprudenza. Le piacevano tanto film e serie gialli. Li seguiva perché si divertiva a risolvere i crimini». Tefta sente il vuoto dentro, ma si sforza di sembrare felice per il suo bambino. «So che ha bisogno di me e devo fingere di essere felice, ma non ce la faccio. Non so come farò ad andare avanti. Ho la sua foto sul comò. La guardo piangendo e anche lei mi guarda».
Che rapporti hai con la famiglia di tuo marito?
«Zero. Abbiamo chiuso. L’altro giorno, quando ho preso mio figlio che era con loro, mi hanno insultato, minacciato. Non gli è andata giù che io non abbia mai parlato con loro delle molestie«.
Come ripartirai Tefta?
«Da me e da mio figlio. Lui è la mia forza. Voglio andare via da Torremaggiore. Prima qui mi sentivo a casa. Ora non più. Mi sento osservata, giudicata, colpevolizzata. Mi guardano tutti in modo strano, anche l’altro giorno quando ero dal medico. Io ho studiato per fare la OSS e mi piacerebbe lavorare in un ospedale, aiutare gli altri. Vorrei una casa e un lavoro. Non ho bisogno di altro. Mi rimboccherò le maniche, come ho sempre fatto e costruirò il nostro nuovo futuro. Lo farò per mio figlio che sta soffrendo tanto e parla sempre di Jessica. Gli manca Jessica. Lui dice che è andata in cielo salendo le scale. “Mamma non andare via”, mi dice quando mi allontano, il mio cuore è pieno di amore per te».
Tefta abbassa lo sguardo e piange. Piange per quel figlio che gli è rimasto e che ha bisogno disperatamente di lei e per quella figlia che le è morta davanti agli occhi. «La vorrei abbracciare. Non potrò essere felice mai più».