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Dal Durum Days di Foggia strigliata ai produttori di grano: «Produrre di più per il mercato»

 
Massimo Levantaci

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Massimo Levantaci

Dal Durum Days di Foggia strigliata ai produttori di grano: «Produrre di più per il mercato»

Numeri in salita (+12%) ma non basta per il Crea. E Italmopa: basta dissidi

Giovedì 18 Maggio 2023, 10:39

24 Maggio 2023, 12:27

FOGGIA - Quattro milioni di tonnellate di grano duro italiano, se ne dovrebbero produrre «molte di più», sottolinea il Crea il consiglio per la ricerca in agricoltura che a Foggia ospita una qualificata sezione cerealicola. Eppure quest’anno è previsto un incremento di circa il 12% rispetto alla campagna precedente, le rese produttive saranno più alte, sostanziale la tenuta delle superfici nonostante la voglia di abbandono alberghi in molti coltivatori. È proprio questa sensazione di scoramento a causa dei prezzi ora in picchiata (ieri però quotazioni stabili alla borsa merci che quotava a due passi dagli operatori riuniti). È con questo disagio che attraversa il segmento agricolo più importante della Capitanata che bisognerà fare i conti anche in vista del prossimo raccolto di giugno, sensazione emersa anche ieri durante l’edizione 2023 dei Durum Days, l’annuale incontro tra tutti gli operatori della filiera che vedono in Foggia la naturale culla della produzione nazionale nonché il luogo nel quale dibattere su previsioni di mercato, fare analisi, delineare prospettive.

Ci ha pensato Enzo Martinelli presidente della Sezione Molini a frumento duro Italmopa a richiamare il confronto su un tema che conosce bene da vecchio operatore della borsa merci foggiana: «Questo clima di contrapposizione tra gli attori della filiera non porta da nessuna parte». Anche sull’import-export, tema che fa venire l’orticaria ai produttori, Italmopa chiarisce qual è il punto: «Esportiamo il 60% della pasta che produciamo, non possiamo sottrarci al mercato estero. Non c’è cartello sui prezzi». E anche sul famigerato glifosato, l’erbicida con cui viene portato a maturazione il grano canadese poi importato da noi, la difesa degli industriali della pasta non apre ipotesi di confronto: «Lo ritroviamo in molti altri prodotti agricoli, le percentuali di impiego sono infinitamente più basse rispetto ai limiti di legge».

Il mercato segnala aria di bonaccia, pur nella tendenza calante degli ultimi tempi. I prezzi potrebbero scendere ancora un po’ (ieri Foggia quotava 345 euro la tonnellata, lontani i tempi dei 500 e passa euro), gli esperti consigliano: bisogna reagire. Come? «Valorizzando la classe dei cerealicolture che sono sempre meno - osserva Stefano Vaccari, direttore generale del Crea - e migliorare la qualità delle produzioni: produrre 100 quintali a ettaro con il 15% di proteine, si può fare. Bisogna mettere in campo nuove specie. Non si può produrre grano duro come 15 anni fa. Al Nord 80 quintali a ettaro (non di duro però: ndr) sono la norma».

Il prezzo della pasta alla fine diventa l’ultimo dei problemi, garantisce Margherita Mastromauro (pastificio Riscossa) che dipinge come «ridicola» la denuncia di Assoutenti per gli aumenti sullo scaffale fino a 2,40 euro il pacco da chilo che avrebbe fatto salire l’inflazione e invita invece la filiera a ragionare in un un’unica direzione. Forse anche questa la conseguenza del calo del consumo, da 27 a 23 chili di pasta pro-capite: «Il gioco di squadra si fa con i tifosi e con i consumatori, i nostri tifosi. Se andiamo avanti di questo passo il rischio di distruzione della filiera è dietro l’angolo».

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