FOGGIA - La Dda chiede condanne per complessivi 22 anni di reclusione nel processo abbreviato davanti al gup di Bari a tre foggiani accusati di tentata estorsione, danneggiamento, porto e detenzione illegale di pistola, esplosioni di colpi d’arma da fuoco con l’aggravante della mafiosità per i metodi utilizzati e per aver agevolato la “Società foggiana”. La vittima è un imprenditore da cui furono pretesi 2500 euro, prima con un pizzino e poi in incontri faccia a faccia; alle richieste seguì un avvertimento sotto forma di pistolettate esplose contro il box di casa la sera del 16 febbraio 2022. Il pm Bruna Manganelli al termine della requisitoria e tenuto conto della riduzione di un terzo della pena prevista dal rito abbreviato ha chiesto 7 anni e 4 mesi a testa per Giuseppe Perdonò, 35 anni; Fabio Bernardo di 32 anni; e Andrea Carella ventiseienne. La sentenza del gup Alfredo Ferraro sarà pronunciata il 25 maggio.
I tre imputati furono fermati il 22 marzo 2022 dagli agenti della sezione criminalità organizzata della squadra mobile su decreti firmati dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari: Perdonò e Bernardo sono detenuti nelle carceri di Taranto e Cosenza e hanno assistito all’udienza in videoconferenza, Carella è ai domiciliari e ha rinunciato a presenziare. In una precedenza udienza ammisero i fatti senza aggiungere altro, negando d’aver agito per conto della “Società foggiana”. La vittima non si è costituita parte civile. Gli avv. Paolo Ferragonio (per Perdonò e Bernardo), Cecilia D’Alessandro e Ettore Censano (per Carella) chiedono condanne al minimo della pena, con esclusione dell’aggravante della mafiosità. Contestata dalla Dda sia per aver fatto ricorso alla forza di intimidazione mafiosa viste le modalità dell’avvertimento volutamente “eclatanti, tipiche della criminalità di tipo mafioso, finalizzate a provocare allarme sociale nella collettività e a rafforzare il messaggio intimidatorio ai danni delle vittime”; sia per aver agevolato la “Società foggiana”.
Squadra mobile e pm ritengono i tre presunti estorsori sono vicini a Rocco Moretti junior (estraneo al processo), figlio di Pasquale e nipote di Rocco storico capo della “Società” sin dalla sua fondazione avvenuta negli anni Ottanta. L’accusa contro Perdonò, Bernardo e Carella si basa su intercettazioni e su quanto dichiarato alla squadra mobile in due interrogatori dall’imprenditore taglieggiato. Raccontò ai poliziotti che era a casa la sera del 16 febbraio 2022 quando udì l’esplosione di colpi d’arma da fuoco: inizialmente pensò a petardi, poi s’accorse che il box era stato sforacchiato dalle pistolettate. E parlò dei contatti con i tre imputati avvenuti a gennaio: Bernardo gli consegnò per conto di Perdonò un pizzino su cui era annotata la cifra di 2500 euro; ancora Bernardo e Carella lo avvicinarono in strada perché volevano che parlasse in videochiamata con Rocco Moretti junior, ma lui rifiutò e i due imputati si allontanarono dicendogli che doveva “cacciare i soldi”; ricevette una telefonata da tale Giuseppe (sarebbe Perdonò per l’accusa) che gli chiese di andarlo a trovare a casa per “aggiustare la situazione”, e anche questa volta l’imprenditore rifiutò qualsiasi contatto. Come rifiutò di pagare il pizzo.
La squadra mobile scoprì il tentativo di estorsione attraverso intercettazioni disposte nel gennaio di un anno fa in seguito a una serie di attentati dinamitardi di natura estorsiva avvenuti a Foggia. Tra le persone intercettate c’era un presunto mafioso, estraneo al processo ai 3 imputati ma che aveva contatti con Bernardo. Così anche quest’ultimo fu monitorato dai poliziotti e dai suoi colloqui con Carella e Perdonò emerse – stando all’accusa – il loro coinvolgimento nell’avvertimento e nel tentativo di estorsione, e i timori di essere arrestati.