FOGGIA - «Con una furia inaudita gli imputati sono scesi dall’auto, si sono precipitati nel locale, il minorenne ha brandito in modo ben visibile il coltello, il che dimostra la sua intenzione – e quindi quanto meno l’accettazione del rischio da parte dei complici – di usare l’arma non per intimidire ma per colpire. Non ha usato il coltello per minacciare Francesco Traiano o i due dipendenti: attuando quanto prestabilito con estrema freddezza e determinazione, si è avventato immediatamente sulla vittima e l’ha colpita ripetutamente sferrando fendenti a organi vitali. In quel preciso momento Antonio Tufo e Antonio Bernardo (i due maggiorenni complici del ragazzo che materialmente accoltellò il tabaccaio ndr) non hanno manifestato sdegno, sgomento o stupore e questo aspetto induce la Corte d’assise a ritenere che l’azione dell’esecutore materiale dell’accoltellamento non sia stata imprevedibile rispetto a quanto era stato programmato dai rapinatori, bensì fu attuativa di un piano preordinato e condiviso per raggiungere l’obiettivo prefissato a ogni costo: rapinare l’incasso del bar. Significa che Tufo e Bernardo sono responsabili a pieno titolo di concorso nell’omicidio, che non fu una iniziativa unilaterale del minorenne come sostenuto dai difensori; i due imputati, sebbene sprovvisti di coltello, hanno agito di concerto con il minore, al suo fianco, appoggiandolo e condividendo in toto il proposito criminoso».
Lo scrivono i giudici nelle 117 pagine della motivazione della sentenza del 15 luglio scorso del processo ai 4 maggiorenni coinvolti nella sanguinosa rapina nel bar tabaccheria Gocce di caffè di via Guido Dorso del 17 settembre 2019 in cui fu accoltellato al volto il titolare Francesco Traiano, 38 anni, morto in ospedale il 9 ottobre successivo dopo 22 giorni in coma.
Inflitti 30 anni a testa a Bernardo di 25 anni e Antonio Tufo, ventiduenne che fecero irruzione nel locale insieme al minorenne, condannato in primo e secondo grado a 16 anni; 28 anni a Christian Consalvo, ventiduenne, alla guida dell’auto usata per il colpo, tutti riconosciuti colpevoli di concorso in omicidio volontario e rapina; Bernardo anche di aver incendiato l’auto usata per la fuga e Consalvo di averla rubata la sera prima insieme al minore. Per il pm Bernardo, Tufo e Consalvo dovevano rispondere di concorso anomalo (reato diverso da quello voluto) nell’omicidio materialmente commesso dal ragazzo; la corte d’assise ha invece concordato con i legali di parte civile e inflitto condanne per concorso in omicidio volontario. Anche Consalvo che rimase nell’auto in attesa del ritorno dei presunti complici “era consapevole di partecipare a una rapina con uno dei complici armato di coltello; ha quindi avuto la piena percezione del rischio” che il colpo a mano armata potesse avere conseguenze tragiche. Dieci anni infine la pena comminata a Simone Pio Amorico, 23 anni, per concorso in rapina: non vi prese materialmente parte, ma – dice l’accusa - la organizzò e aiutò i complici subito dopo il colpo.
I 4 maggiorenni e il minore sono in cella dal 25 febbraio 2020 quando furono arrestati dalla squadra mobile. Il minore ha confessato sostenendo di non aver avuto l’intenzione di uccidere; Tufo e Bernardo hanno ammesso la partecipazione alla rapina, dicendo di non sapere però che il minorenne fosse armato di coltello e di non aver avuto alcun ruolo nell’omicidio; Consalvo nega; mentre Amorico ammette solo di aver aiutato i coimputati dopo la rapina, tant’ che la difesa chiedeva la derubricazione del reato in favoreggiamento.