FOGGIA - Identificata una serie di alterazioni molecolari che promuove la progressione della forma più diffusa e aggressiva di tumore dell’ovaio, il carcinoma ovarico sieroso di alto grado. La scoperta, che potrebbe aprire la strada a nuove terapie, è pubblicata su International Journal of Cancer dall’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) in collaborazione con la Fondazione Irccs Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo.
Lo studio, coordinato dal direttore dell’Unità di ricerca in ginecologia oncologica dello Ieo Ugo Cavallaro, è stato condotto insieme al gruppo di Giuseppe Testa allo Ieo e ai ricercatori dell’Istituto Mario Negri guidati da Raffaella Giavazzi, grazie al sostegno di Fondazione Airc, Ministero della Salute e Fondazione Ieo-Monzino.
Il carcinoma ovarico sieroso di alto grado è un tumore ancora difficile da curare, per un motivo clinico e uno biologico: nell’80% circa dei casi il tumore è diagnosticato in fase avanzata (essendo asintomatico agli esordi) e l’alto livello di eterogeneità cellulare ha finora reso difficile caratterizzare i cambiamenti molecolari che ne promuovono la progressione.
Per superare questa impasse, i ricercatori hanno usato un approccio innovativo: consiste nel partire dal tumore di una singola paziente per generare «una serie di modelli sperimentali di tumore che ricapitolano ognuno un passaggio diverso della progressione della malattia», spiega Cavallaro. «Abbiamo così ottenuto il profilo genomico (del Dna) e trascrittomico (dell’Rna) dei vari modelli, in modo da ricavarne delle 'firmè molecolari, vale a dire degli insiemi di mutazioni o di geni specificamente associati ai diversi modelli. Usando questa chiave abbiamo quindi interrogato i database mondiali che contengono i dati genetici di coorti numerose di pazienti con tumore ovarico», scoprendo che queste 'firme molecolarì «hanno potere prognostico», ovvero danno indicazioni sull'evoluzione della malattia e sull'efficacia dei trattamenti, fornendo informazioni cliniche estendibili anche ad altre pazienti.
«Abbiamo inoltre ottenuto dati molto interessanti, almeno potenzialmente, dal punto di vista terapeutico - continua Cavallaro - scoprendo un punto vulnerabile del carcinoma ovarico». Si tratta della proteina PI3K, che «ha un ruolo essenziale nel mantenere in vita le cellule staminali tumorali del carcinoma ovarico, le cellule da cui il tumore nasce e si rigenera», precisa Fabrizio Bianchi della Fondazione Irccs Casa Sollievo della Sofferenza. «PI3K potrebbe dunque essere un nuovo possibile bersaglio terapeutico».