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Mafia, strage di San Marco in Lamis: basista condannato all'ergastolo. La vedova: «Finalmente aria pulita»

 
Redazione online

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Mafia, intitolato ai fratelli Luciani presidio Libera San Marco in Lamis

Caterino è accusato di quadruplice omicidio premeditato aggravato dal metodo mafioso e porto e detenzione di armi in concorso

Lunedì 30 Novembre 2020, 19:50

01 Dicembre 2020, 12:38

FOGGIA - La Corte d’Assise di Foggia ha condannato all’ergastolo Giovanni Caterino, 40 anni, unico imputato della strage di mafia di San Marco in Lamis (Foggia), in cui vennero uccisi il 9 agosto 2017 il boss di Manfredonia Mario Luciano Romito, il cognato Matteo de Palma e i fratelli Aurelio e Luigi Luciani uccisi perché testimoni involontari dell’agguato. La sentenza è stata emessa dopo tre ore di camera di consiglio.

Caterino è accusato di quadruplice omicidio premeditato aggravato dal metodo mafioso e porto e detenzione di armi in concorso. Secondo l’accusa è il basista del commando armato ovvero, colui il quale ha pedinato sia nei giorni precedenti sia nel giorno dell’agguato pedinò le vittime designate.

«Sembra quasi una vittoria ma non è una vittoria perché mio marito non c'è. Oggi più che mai mi manca morire. Dopo più di tre anni finalmente respiro un pò di aria pulita». Lo ha detto Arcangela Petrucci, la vedova di Luigi Luciani, uno dei due fratelli uccisi perchè testimoni involontari dell’agguato di San Marco in Lamis commentando la condanna all’ergastolo di Giovanni Caterino, ritenuto dalla Corte d’Assise di Foggia il basista del commando.

LA SODDISFAZIONE DI EMILIANO -  «La condanna restituisce al popolo pugliese un senso di giustizia e verità dopo l’irrimediabile dolore di quelle morti. Il mio abbraccio alla famiglia di Luigi e Aurelio, alle loro mogli, ai loro cari, alla comunità di San Marco in Lamis. Tutta la Puglia è con voi": lo scrive su Facebook il governatore pugliese, Michele Emiliano, commentando la sentenza della Corte d’Assise di Foggia che, ieri sera, ha condannato all’ergastolo Giovanni Caterino accusato di concorso in omicidio premeditato pluriaggravato dal metodo mafioso, detenzione e porto di armi perchè ritenuto il basista del commando armato che la mattina del 9 agosto 2017 nelle campagne di San Marco in Lamis (Foggia), uccise il boss di Manfredonia, Mario Luciano Romito, il cognato Matteo de Palma, e due innocenti agricoltori che furono per caso testimoni dell’agguato, i fratelli Aurelio e Luigi Luciani. «Due padri di famiglia - prosegue Emiliano - due onesti lavoratori, uccisi perché testimoni involontari di un’esecuzione mafiosa. Ci siamo schierati dal primo momento al fianco delle famiglie colpite e della comunità per reagire, attraverso la giustizia, a tutta quella inaudita violenza». La Regione Puglia era costituita parte civile nel procedimento penale.

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