Foggia - Viene annunciata come un’operazione «rivoluzionaria», la nuova assistenza domiciliare sanitaria che partirà tra pochi giorni in Capitanata. La platea degli assistiti viene infatti triplicata rispetto al passato (coinvolto il 4% della popolazione ultra 65enne, oltre alle persone non autosufficienti e con gravi patologie). Innalzato anche l’indice di intensità delle cure, dal secondo al terzo livello con attività diagnostica portata direttamente presso l’abitazione dei pazienti. Quaranta gli per il momento gli assistiti diretti rientranti nel nuovo regime già dal mese in corso, sarà un inizio a carattere sperimentale prima del varo definitivo previsto a settembre.
L’Adi riveduta, corretta e amplificata significa soprattutto un monitoraggio dei pazienti a distanza più capillare (gli operatori sono stati forniti di tablet), assistenza a domicilio con la telemedicina, la teleassistenza, oltre che con le cure portate in carne e ossa dagli operatori sanitari come avviene adesso.
«Sperimenteremo il massimo della domiciliazione nelle terapie», annuncia il direttore generale dell’Asl, Vito Piazzolla. La provincia di Foggia è un territorio pilota naturale, considerato l’alto numero di potenziali pazienti vista l’incidenza di anziani: oltre il 60% di questa tipologia residente nei trentuno comuni dei Monti dauni, luoghi a forte tasso di spopolamento. Un test dunque anche sociale oltre che ovviamente sanitario che sposta il livello dell’assistenza più in avanti, lo porta dritto nelle abitazioni dei cittadini e chiama in causa le famiglie chiedono il coinvolgimento diretto nell’assistenza dei conviventi della persona da assistere. Il servizio si rivolge oltre che ad anziani non autosufficienti (ottantenni e oltre il target di riferimento) a pazienti con patologie particolari come Sla, Alzheimer, naturalmente i malanni legati all’avanzamento dell’età che costituiscono molto spesso per queste persone un serio impedimento per raggiungere il più vicino distretto sanitario. Ecco dunque il livello di assistenza destinato nelle intenzioni a cambiar pelle: non più la domiciliazione semplice, con gli infermieri e i medici a domicilio per le cure ordinarie, ma anche esami specialistici d’ora in poi sempre più complessi.
«Porteremo a casa dei pazienti anche la dialisi domiciliare - anticipa Piazzolla alla Gazzetta - per il momento abbiamo messo in piedi un progetto della durata di sei mesi. Naturalmente non pensiamo di smontare il servizio nei nostri tre ospedali di riferimento ( San Severo, Cerignola e Manfredonia: ndr), sul piano organizzativo e gestionale non cambia nulla. Attiveremo anzi il servizio nefrologico e dialitico anche al San Camillo di Manfredonia. Ma soprattutto nei piccoli comuni riscontriamo l’esistenza di una consistente fetta di popolazione con difficoltà di spostamento, ecco dunque l’esigenza di portare a domicilio anche prestazioni impensabili fino a qualche tempo fa».
La nuova Adi punta ovviamente sulla forte digitalizzazione dell’assistenza, sui protocolli operativi sempre più staccati dalla struttura madre (il presidio sanitario), ma tenuti sotto osservazione a distanza. I tempi del vecchio medico di famiglia che veniva a casa a controllare la pressione, ed a fare anche una chiacchierata davanti a un buon caffè sembrano irrimediabilmente più lontani. Ma forse si potrà sperimentare un nuovo livello di socialità con il personale sanitario, esistono già esempi in tal senso. La sanità pubblica ha investito su questo piano circa 60 milioni di euro in tre anni (rinnovabili). «Ci giochiamo una buona fetta di credibilità del nostro livello di assistenza - sottolinea il «dg» dell’Asl foggiana - all’Adi i Lea (livelli minimi di assistenza: ndr) assegnano ben sedici punti. È tantissimo nella determinazione del punteggio complessivo. Un punto d’arrivo importante, ma per noi è anche uno step fondamentale per andare avanti e fare altro. E dare peso al ruolo di un’azienda essenzialmente territoriale oltre che ospedaliera».