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Foggia, falsi contratti di lavoro per ottenere 331 permessi di soggiorno

 
REDAZIONE FOGGIA

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Foggia, falsi contratti di lavoro per ottenere 331 permessi di soggiorno

Quattro ditte inoperative, intestate a foggiani che non ne sapevano niente e usate per le false comunicazioni di instaurazione dei rapporti di lavoro

Giovedì 25 Giugno 2020, 11:27

FOGGIA - Prima, a febbraio 2019, la segnalazione alla Procura da parte dell’ufficio immigrazione della Questura relativa alla domanda di permesso di soggiorno di un senegalese corredata da documentazione falsa quanto a contratto di lavoro; quindi, nel maggio successivo, una nota inviata ai pm dal nucleo ispettorato del lavoro per segnalare una società foggiana che appariva spesso quale datore di lavoro di centinaia di stranieri che chiedevano il titolo di soggiorno in Italia. Così la doppia genesi dell’inchiesta di Procura e squadra mobile - gli agenti della sezione «contrasto alla criminalità diffusa, straniera e prostituzione» - sfociata lunedì scorso nell’arresto di Attilio Ferrandino, foggiano di 46 anni, accusato di essersi fatto pagare da extracomunitari per rilasciare falsa documentazione relativa a contratti di lavoro con cui poi chiedevano alle Questure di varie città il permesso di soggiorno.

L’ordinanza cautelare l’ha firmata il giudice Antonio Sicuranza, insediatosi da pochi giorni nel nuovo ufficio gip-gup del Tribunale di Foggia, accogliendo la richiesta della Procura che contesta all’indagato di aver favorito la permanenza illegale in Italia di extracomunitari, dietro compenso in denaro e traendo un ingiusto profitto dalle condizioni di illegalità degli stranieri. I fatti contestati vanno dall’aprile all’ottobre 2019; l’accusa poggia su intercettazioni; interrogatori di due foggiani che senza sapere niente si ritrovarono titolari di ditte inesistenti, necessarie per la produzione della documentazione falsa; sequestri di materiale vario, tra cui il computer dell’indiziato. Sono 312 le pratiche esaminate da pm e poliziotti. Dalle intercettazioni sarebbero emersi contatti dell’indiziato con stranieri di varie zone d’Italia, tant’è che il gip in un passaggio dell’ordinanza cautelare rimarca come «il tenore dei messaggi e le conversazioni intercettate dimostrano la capillare attività di Ferrandino, ormai divenuto un significativo punto di riferimento per stranieri provenienti da diverse parti d’Italia, intenzionati a reperire la documentazione necessaria per ottenere il titolo di soggiorno».

L’indagato, difeso dall’avvocato Federico Popio, si è avvalso della facoltà di non rispondere alle domande del giudice nell’interrogatorio di garanzia svoltosi in videoconerenza: indiziato in carcere, suo legale e gip nell’aula del Tribunale. La difesa sta valutando il ricorso al Tribunale della libertà per chiedere la scarcerazione o la concessione dei domiciliari.

A dire dell’accusa Ferrandino, operando per lo più da una postazione all’interno di un ristorante cittadino (estraneo all’inchiesta) per il quale lavorava come consulente, avrebbe trasmesso false comunicazioni relative all’instaurazione di rapporti di lavoro per conto di 4 ditte foggiane del settore edile e tecnico, ditte «create artatamente e mai realmente attive» contesta la Procura. L’indagato avrebbe poi fornito ai migranti copie delle comunicazioni di assunzioni (i modelli unilav); contratti di lavoro; buste paga; e in alcuni casi anche contratti di affitto di abitazione e certificati di residenza in Comuni italiani. Con quella documentazione falsa, l’extracomunitario - conclude l’accusa - si presentava in Questura per chiedere il rilascio del permesso di soggiorno. Negli atti d’indagine si parla di somme dai 200 ai 400 euro intascate dall’indagato.

Come rimarca il gip, «Ferrandino venne in possesso dei dati sensibili di due foggiani» (titolari a loro insaputa di ditte edili locali) «che poi ha utilizzato per far risultare le fittizie assunzioni di centinaia di extracomunitari alle dipendenze delle ditte apparentemente intestate ai due foggiani. Di quei dati sensibili l’indagato venne in possesso anni fa, occupandosi della domanda di disoccupazione di uno dei due foggiani in un caso; e nell’altro in occasione della registrazione della ditta intestata al secondo foggiano, in realtà rimasta del tutto inoperativa». Per il giudice «non può dubitarsi in alcun modo che è stato Ferrandino il vero soggetto che ha inoltrato le comunicazioni relative a falsi rapporti di lavoro, stipulati con tre ditte inesistenti e una quarta non operativa, per effettuare le registrazioni sul portale “Sintesi” usando la postazione Adsl posta all’interno del ristorante, dove lavorava come contabile».

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