C’è un’Italia che non si misura nei bilanci, ma nel modo in cui guarda se stessa. È l’Italia della cultura e della creatività: quella che resiste, che non produce solo beni, ma senso; che trasforma la conoscenza in lavoro, l’identità in innovazione, la bellezza in energia civile.
Le anticipazioni del rapporto 2025 «Io sono Cultura» di Fondazione Symbola e Unioncamere raccontano una realtà sorprendente per solidità e continuità. Nel 2024 il sistema culturale e creativo italiano ha generato 112,6 miliardi di euro di valore aggiunto, con una crescita del +2,1% rispetto all’anno precedente. Se si considera anche l’indotto, l’impatto complessivo sull’economia nazionale supera i 300 miliardi di euro. Sono dati che parlano chiaro: quando l’Italia investe nella propria intelligenza, sa ancora generare valore. Una ricchezza che nasce dal pensiero, non dal consumo; dalla capacità di creare, non di esaurire.
Commentando questi risultati, Ermete Realacci (presidente della Fondazione Symbola) ha ricordato che «la forza della nostra economia deve molto, e in tutti i campi, alla cultura e alla bellezza». Non è una frase di circostanza: è la sintesi di ciò che siamo. Perché la bellezza, quando si traduce in mestiere, in impresa, in progetto, diventa un atto produttivo. È la forma italiana dell’innovazione.
Nei borghi che rinascono, nei teatri che riaprono, nelle imprese che coniugano design, architettura e sostenibilità, l’Italia si riscopre viva. Ogni volta che un luogo ritrova un senso, che un sapere artigiano dialoga con la tecnologia, che la progettazione incontra la natura, cultura e creatività mostrano la loro forza trasformativa. Non si limitano a conservare: rimettono in moto la vita.
Eppure, nonostante i risultati, questa energia resta sottovalutata. La cultura viene ancora trattata come un lusso, non come una necessità. E invece è la più concreta delle infrastrutture: tiene insieme economia e coesione, produzione e comunità. La sfida del 2026 sarà riconoscerla per ciò che è: una politica industriale, un investimento strategico, un modo di ricucire il Paese.
Pasolini insegnava che la cultura è l’unico modo onesto di dire la verità. Oggi quella verità coincide con la responsabilità di costruire. Creare è la forma più alta di resistenza civile: significa scegliere la complessità in un tempo che semplifica tutto, coltivare la bellezza come lavoro quotidiano, dare alla tecnica un’anima e alla materia un senso. È da qui che l’Italia può ritrovare se stessa: dal gesto lento e tenace di chi continua a creare.















