Saper trovare i giusti compromessi in politica è un obbligo. Perseguire la coerenza però è un valore, ma - pare - non altrettanto remunerativo. Eppure è per mancanza di coerenza che i partiti si sono autodistrutti e l‘astensionismo sfiora ormai il 50%. Tanto che alle urne, vince l’uomo o la donna forte, non certo un’idea, un’ideologia, una visione, un programma.
Taranto è sempre stata laboratorio di tante nuove tendenze. Non è, infatti, solo una città in cui è possibile osservare il lato più perverso della globalizzazione e di un progresso ingiusto che aumenta le diseguaglianze sociali, lasciando i più poveri a soffocare nella polvere. Taranto è anche il posto giusto per capire perché - soprattutto l’elettore di sinistra - abbandona la sua casa. Direi, quindi, che Taranto è perfetta per studiare e capire perché i partiti sono sempre meno influenti.
Prendiamo per esempio due grandi bandiere dell’ambientalismo (che a Taranto hanno cresciuto anche nuove leve della politica partitica): il futuro dell’ex Ilva e la tutela del territorio con il caso del dissalatore sul fiume Tara.
L’attuale maggioranza si è da subito misurata con i suoi cavalli di battaglia. E come si è distinta? Prima il ricorso mancato sull'AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) dell’Ilva. Poi le ambiguità sul processo di decarbonizzazione a cui arrivare tramite la nazionalizzazione. Infine: il ricorso negato sul dissalatore sul fiume Tara.
Insomma, viene da domandarsi cosa avrebbe fatto di diverso un governo comunale di centrodestra rispetto all’attuale di centrosinistra.
Eppure il contributo dato dalla base elettorale ambientalista alla nascita del nuovo governo cittadino è stato importante. Tanto che pezzi storici dell’ambientalismo tarantino sono tra gli assessori e tra i consiglieri di maggioranza.
La posizione espressa dalla mozione approvata con il via libera del sindaco Bitetti (a cui tutti i suoi consiglieri, anche quelli che hanno votato a favore del ricorso all’Aia, hanno confermato sostegno) è questa: il Consiglio comunale impegna il sindaco a ribadire al Governo la richiesta di nazionalizzazione della fabbrica siderurgica, decarbonizzazione e chiusura dell’area a caldo. Si è sollevata a gran voce anche la richiesta ufficiale di avere la presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni a Taranto e - per chiudere - promuovere d’intesa con le forze sociali e civiche una giornata di mobilitazione e di blocco simbolico della città quale atto di dignità collettiva. In che senso? Non mi è chiaro, non capisco. Quali sono i fronti: chi protesta contro chi?
Infine, nella seduta del 13 ottobre scorso il Consiglio comunale ha approvato una mozione sul dissalatore del Tara. Il testo, pur limitandosi a «valutare legalmente l’opportunità» di un ricorso al TAR contro il PAUR (Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale), era stato accolto dalle associazioni come un segnale di volontà politica, un passaggio propedeutico a un’azione che si dava per imminente. Pochi giorni prima, era anche stato consegnato all’assessora all’ambiente un documento tecnico-giuridico dettagliato, su cui fondare un ricorso.
Va anche ricordato che l’impegno a «valutare» era già stato assunto dal precedente Consiglio comunale che aveva già approvato una mozione molto più netta, che impegnava l’ex Sindaco «ad opporsi fermamente alla realizzazione del dissalatore, impugnando l’eventuale PAUR presso il Tribunale amministrativo regionale e adoperandosi in tutte le sedi istituzionali per bloccarne l’autorizzazione».
Poi è calato il silenzio. Nel frattempo si sono insediati i nuovi, i termini per impugnare il provvedimento sono scaduti, e oggi le ruspe lavorano indisturbate sulle sponde del fiume.
Ecco, è racchiusa tutta qui l’ambiguità che rende i partiti malati di incoerenza. Viene da domandarsi se sia giusto abitarli comunque o se come scrisse Pier Paolo Pasolini nel 1968, in «Il PCI ai giovani»... sarebbe più rivoluzionario andare «ad occupare gli usci del Comitato Centrale (...) ad accamparvi in Via delle Botteghe Oscure! Se volete il potere, impadronitevi, almeno, del potere di un Partito che è tuttavia all’opposizione (anche se malconcio, per la presenza di signori in modesto doppiopetto, bocciofili, amanti della litote, borghesi coetanei dei vostri schifosi papà) ed ha come obiettivo teorico la distruzione del Potere».















