Avrebbero causato il dissesto di quattro società, distraendo o dissipando oltre 58 milioni di euro di patrimonio, con operazioni simulate, pagamenti di fatture per operazioni inesistenti, erogazioni di risorse finanziarie in favore dei soci persone fisiche che non sono mai state restituite. Nuovi guai per la famiglia Degennaro, i costruttori baresi Emanuele, Davide, Anna e Giuseppe, e altre sei persone, tra cui l’avvocato ed ex consigliere regionale Giacomo Olivieri, condannato di recente per voto di scambio politico-mafioso nell’ambito dell’inchiesta «Codice Interno» sulle elezioni di Bari del 2019, che a febbraio 2024 portò a oltre 130 arresti.
Nelle scorse ore la Guardia di Finanza ha notificato dieci avvisi di conclusione delle indagini agli ex amministratori delle società Sudcommerci (dichiarata fallita a dicembre 2022), Pinre (liquidazione giudiziale a giugno 2023), Trade Service e Dire (in concordato preventivo rispettivamente da ottobre 2024 e da maggio 2025).
Le indagini del Nucleo di Polizia economico e finanziaria di Bari, «hanno portato alla luce - spiega la Procura - gravi, molteplici e ripetute condotte di bancarotta fraudolenta patrimoniale, bancarotta fraudolenta da reati societari e per atti dolosi, bancarotta fraudolenta preferenziale, con riferimento alla gestione di quattro società riconducibili al medesimo gruppo».
L’inchiesta è partita dall’accesso alle procedure concorsuali di una delle quattro società in evidente stato di insolvenza e solo dopo per le altre tre imprese, conclusi gli accertamenti che hanno documentato «una rilevante esposizione debitoria verso l’erario e palesi situazioni di squilibrio finanziario ed economico», la Procura ha chiesto la liquidazione giudiziale.
In particolare, gli indagati avrebbero messo in atto «complesse operazioni infragruppo risultate simulate» per giustificare l’uscita di ingenti flussi finanziari. Le verifiche dei finanzieri hanno, inoltre, consentito di ricostruire il «reiterato e sistematico mancato versamento delle imposte dovute», per complessivi 15 milioni di euro, «quale illecito sistema di auto-finanziamento frutto di una pervicace pianificazione preventiva, con evidente danno per l’erario». Allo scopo di ritardare l’emersione del dissesto e portare avanti l’attività distrattiva degli asset patrimoniali delle diverse società, i responsabili avrebbero, infine, falsificato i bilanci di esercizio delle società, principalmente attraverso la sopravvalutazione di partecipazioni infragruppo.
I fatti contestati si riferiscono all’ultimo decennio. Risale al 2015, infatti, la prima presunta falsificazione dei bilanci della Sudcommerci. La contestazione a Olivieri riguarda proprio il dissesto di questa società. L’ex consigliere regionale tra il 2017 e il 2020 avrebbe emesso fatture per operazioni inesistenti (un milione 260mila euro) relative a prestazioni professionali mai effettivamente svolte, consentendo così agli imprenditori di evadere Ires e Iva. Per quanto riguarda la società Pinre, tra le condotte contestate c’è il prestito ipotecario vincolato alla realizzazione del progetto «Power Center» utilizzato - ritiene l’accusa - per pagare caparre di acquisto di immobili o attività economiche (come un hotel a Cortina d’Ampezzo), poi non comprati, con conseguente perdita delle caparre per complessivi 5 milioni di euro.
Con agli imprenditori Degennaro e all’ex consigliere regionale Olivieri, nell’inchiesta coordinata dal pm Lanfranco Marazia sono indagati gli altri ex amministratori e liquidatori delle società in crac Raffaele Giove, Vincenzo Laudiero, Benito Umberto Giarletti, Giacoma Viterbo e Luigi Ungaro.















