Per la prima volta, da molto tempo, una risoluzione importante come quella in favore del piano Trump per Gaza è stata approvata in Parlamento senza voti contrari. Sarebbe stato bello assistere ad un consenso unanime, ma l’opposizione si era troppo esposta contro il governo per poter mettere la firma sotto lo stesso documento. Eppure dissociazioni ci sono state e sono importanti. La prima è quella di Calenda che ha firmato con la maggioranza. La seconda è quella di Renzi che ha votato la mozione della maggioranza e si è visto approvare la propria dal centrodestra, mentre la sinistra di cui il senatore di Firenze è alleato si è limitata all’astensione.
L’aspetto politicamente più significativo è tuttavia il voto a favore della mozione Renzi (del tutto simile a quella del centrodestra) da parte di Lorenzo Guerini, presidente del Copasir, e da altri tre esponenti dell’ala riformista del PD, oltre che di Pier Ferdinando Casini... A noi Guerini ha detto che la sua concezione della difesa nazionale ricalca perfettamente quella di Guido Crosetto. Era pertanto difficile per lui e per chi la pensa come lui dissociarsi, sia pure con l’astensione, da un documento che traccia le linee dell’Italia sul piano Trump.
Possiamo dire che il «Campo largo» ha subito una vistosa mutilazione? Possiamo dirlo. Quale posizione avrebbe assunto la sinistra se fosse stata al governo? È vero che su questioni essenziali come l’Ucraina, Matteo Salvini la pensa diversamente da Giorgia Meloni e Antonio Tajani. Ma in tre anni non c’è stata una sola occasione in cui abbia votato in maniera difforme da loro.
Tutto questo avviene mentre la Cgil di Maurizio Landini – per non farsi sconfessare da un sindacato di base autonomo, sempre più forte – ha indetto per oggi uno sciopero generale (dichiarato illegittimo dal Garante) «perché Israele ha violato il diritto internazionale». Nella sostanza, si mettono a disagio milioni di italiani perché il governo di Giorgia Meloni non è riuscito ad impedire a quello di Bibi Netanyahu di cambiare una politica navale di difesa che - piaccia o no - è la stessa da 15 anni.
Non va sottovalutata la forte simpatia trasversale per la causa palestinese, ma questo c’entra poco con la missione italiana della Flotilla in cui 40 militanti hanno preferito farsi arrestare ed espellere piuttosto che consegnare gli aiuti umanitari per Gaza al Patriarca di Gerusalemme Pizzaballa che sulla solidarietà attiva a quel popolo non prende certo lezioni da nessuno. È apparso tristemente evidente che la questione umanitaria era del tutto marginale rispetto a un’azione politica rivolta paradossalmente più al governo italiano che a quello israeliano. Noi siamo fortemente critici nei confronti di quello che il governo Netanyahu sta facendo a Gaza e in Cisgiordania, e crediamo che per questo meriti sanzioni importanti. Ma ricordiamo che il diritto internazionale prevede che il riconoscimento di uno Stato sia condizionato al pieno controllo del suo territorio da parte del governo: un requisito che purtroppo ancora manca. Temiamo tuttavia che pochissima gente sappia che esiste in Italia un’ambasciata della Palestina perfettamente operativa dai tempi di Yasser Arafat con eccellenti rapporti con tutti i governi che si sono alternati.
Quel che preoccupa è che le critiche al governo israeliano stiano facendo montare una gravissima campagna antisemita in Italia e nel mondo. A Torino, adesivi inneggianti alla libertà della Palestina e contro il «genocidio» di Gaza sono stati incollati in terra accanto a sette «pietre di inciampo» dedicate ad altrettante vittime ebree della Shoah. Non c’è altro da aggiungere.