Negli scontri avvenuti il 21 settembre del 2018 a Bari, in occasione della visita in città dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, avrebbe avuto un ruolo «l'inefficienza delle forze dell’ordine». Gli scontri stessi, poi, sarebbero stati provocati dagli stessi partecipanti alla manifestazione «Bari non si lega», passati davanti alla sede di Casapound di viale Eritrea (nel quartiere Libertà) nonostante il percorso stabilito per il loro corteo fosse diverso. È quanto sostenuto oggi, in Tribunale a Bari, dall’avvocato Antonio Mitolo, difensore di sei dei 17 imputati finiti a processo per riorganizzazione del partito fascista e lesioni personali. Gli imputati facevano tutti parte della sede (ora chiusa) di Casapound di Bari, il circolo Kraken, e a loro è contestata l’aggressione (definita dall’accusa «squadrista") ai danni di alcuni manifestanti. Tra le vittime dell’aggressione ci sono l’ex europarlamentare Eleonora Forenza e il suo assistente Antonio Perillo, Giacomo Petrelli di Alternativa Comunista e Claudio Riccio di Sinistra Italiana, costituiti parti civili con Anpi, Rifondazione comunista, Comune di Bari e Regione Puglia.
Per il difensore dei sei imputati, le forze dell’ordine non avrebbero garantito l’ordine pubblico perché, a pochi minuti dalla fine della manifestazione, avrebbero abbandonato i presìdi disposti lungo il tragitto del corteo. Inoltre, ha sostenuto sempre l’avvocato, i manifestanti avrebbero creato «allarme» nei frequentatori del circolo Kraken passando nelle vicinanze di viale Eritrea. Per l’accusa, che ha chiesto 17 condanne da un anno e otto mesi a due anni di reclusione, gli imputati avrebbero aggredito i manifestanti colpendoli con calci, pugni e altre armi, tra cui cinture e sfollagente. Le discussioni delle difese proseguiranno nella prossima udienza del 30 ottobre, la sentenza è prevista per il 20 novembre.