Giovedì 11 Settembre 2025 | 22:08

Non è la solita partita: in Puglia va in scena la sfida tra due sinistre

 
Onofrio Romano

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Onofrio Romano

Non è la solita partita: in Puglia va in scena la sfida tra due sinistre

Il Sud come parco giochi per altospendenti globali, speculare al vecchio inferno mafioso. Franco Cassano lo aveva previsto: il paradiso turistico è solo l’altra faccia della marginalità

Giovedì 11 Settembre 2025, 13:00

Nelle stesse ore in cui Nichi Vendola, con il suo inconfondibile lirismo, rivendicava di aver trasformato la Puglia in un «brand» ed esaltava Decaro per aver fatto di Bari una ricercatissima «location» (parole sue), Pasquale Tridico, dalla Calabria, denunciava i guasti della turistificazione: salari da fame, precarietà, ritorno della rendita, disuguaglianze crescenti, prostituzione del territorio. Due mondi, due lessici, due idee di Sud. Due sinistre.

Tridico invoca un ritorno alla politica industriale, con una forte impronta pubblica capace di mettere sotto controllo i colossi globali e costringerli a pagare le tasse. Un keynesismo d’antan che, in tempi di austerità permanente, suona quasi rivoluzionario. Certo, un progetto discutibile: la cornice regolativa europea lo vieterebbe di fatto e di diritto e, d’altro canto, il welfare non è crollato per caso negli anni Settanta. Se è stato travolto dal rullo compressore neoliberale è perché vi erano delle ragioni strutturali e antropologiche molto forti, che non sono affatto scomparse. Ma almeno è un’idea.

Dall’altra parte, la sinistra pugliese continua a surfare sul neoliberismo, con il suo tocco creativo: festival, turismo, auto-attivazione dei «ggiuovani». Il Sud come parco giochi per altospendenti globali, speculare al vecchio inferno mafioso. Franco Cassano lo aveva previsto: il paradiso turistico è solo l’altra faccia della marginalità.

Quello che si gioca alle prossime Regionali non è la solita partita destra-sinistra. È anche una battaglia interna alla sinistra e, soprattutto, tra due visioni del Mezzogiorno. Da un lato, la sinistra neoliberale, che ha fatto del «brand» la sua ideologia e del leaderismo il suo metodo. Dall’altro, una sinistra che, pur con tante difficoltà, incoerenze, confusioni e tentennamenti cerca di affacciarsi al mondo che viene, si proietta vale a dire verso un altro paradigma, traendo ispirazione dalle nuove potenze che si stanno affacciando sullo scenario mondiale e che minacciano l’egemonia di un Occidente la cui ricetta istituzionale, sociale ed economica si dimostra sempre più perdente. Una che tenta di immaginare un Sud non più subalterno al mercato globale, ma protagonista di una politica macroregionale.

Non è la solita linea moderati-radicali. Le parti si sovrappongono, i confini sono sfumati. Non è Pd contro M5S, né Avs contro centristi. È un discrimine trasversale, che solca i partiti e li scompone.

La Puglia era l’avanguardia della sinistra meridionale. Oggi rischia di diventare la sua zavorra. Perché? La sinistra di conio neoliberale vede una forte convergenza «pre-politica» (quasi antropologica, sia a livello di base sia a livello di élite e di sottobosco al potere) tra il Decaro renziano-bonacciniano, che in Europa vota immancabilmente insieme alla destra del partito e allo stagno centrista, e i vendoliani. I rispettivi staff convergono in un unico aggregato di potere. Questo blocco ha espulso Michele Emiliano, l’unico che provava a costruire ponti con la nuova sinistra post-neoliberale. Emiliano è stato accusato di trasformismo, di aver imbarcato pezzi di destra sotto il mantello civico. Vero. Ma Emiliano è il sintomo, non la malattia: di fronte al fatto che la sinistra neoliberale ha distrutto dall’interno i partiti, puntando sugli uomini soli al comando in diretta connessione con gli elettori, lui ha fatto quello che poteva per restare in partita: raccattare consensi grazie ai portatori di bacini personali di voti. Sbagliato? Certo. Ma almeno era un tentativo di tenere conto della realtà.

La sua esclusione è una vicenda vergognosa. Decaro aveva proclamato un principio solenne: «nessun ex presidente in consiglio regionale, a garanzia della mia agibilità politica». Bene. Poi lo ha applicato ad personam: Emiliano no, Vendola sì. Il capo non è colui che stabilisce le regole, ma colui che le viola a proprio piacimento, anche quelle da lui stesso fissate. E Avs? Zitti e all’incasso.

Come quei cittadini che tuonano contro le liste d’attesa e poi, quando il primario li fa passare avanti, non fanno una piega. Se sei politicamente contrario al principio fissato da Decaro, allora devi esigere che la tua non sia un’eccezione e che anche Emiliano possa essere candidato (la paternità se la potrà godere grazie ai congedi).

Ma al di là di queste piccinerie, quello che si profila è che prossimamente la Puglia, da essere l’avanguardia della politica di sinistra al Sud e non solo, si trasformerà, date queste premesse, nella palla al piede della nuova sinistra, nel rifugio della conservazione di una sinistra inesorabilmente scaduta, che continuerà a propinarci bagatelle turistiche e simulacri di auto-imprenditorialità, mentre tutto l’Occidente affonda nei suoi mondi colorati, mentre - cronaca di questi giorni - la violenza inconsulta e gratuita torna a invadere le nostre strade. È il prezzo che si paga quando, invece di risolvere le ragioni strutturali che condannano un territorio periferico alla marginalità, ci spalmi sopra della vernice colorata. Il rimosso ritorna sempre. E quando ritorna, non chiede il permesso.

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