Beh, almeno ora che è vacanza, facciamolo con lentezza. Soprattutto nel nostro Sud, sotto i suoi grandi cieli notturni carichi di bontà, dai quali sembra gocciolare miele. Quella notte che scende lontana sul latrato dei cani. Sud dalla luce di Grande Madre Grecia, quella che forma le forme. E per una volta una lentezza che non ci faccia sentire macchine come sempre. Per una volta una lentezza che ci faccia vedere ciò che ci circonda. Per una volta una lentezza che non faccia vergognare noi del Sud come in passato, quando dire lentezza era smascherare una inadeguatezza. Era farsi cogliere in fallo, rivelare una incapacità di modernità in un mondo in cui la modernità è solo velocità. E velocità compulsiva anche. Ora il Salento che si pubblicizza turisticamente come «SaLento» significa che l’esame è superato. E Lecce fra le uniche due città italiane (con Parma) nella prestigiosa classifica mondiale delle città lente è un vanto non un colpo basso.
Laddove lentezza non è solo prendere tempo e perdere tempo. È stile di vita, è capacità (e voglia) ogni tanto di rallentare, di viverla in modo attivo. Di viverla non come l’icona (altrettanto falsa) del messicano che difeso da un sombrero si assopisce al sole crudele. Una lentezza che per una volta tanto rifugga dal ritmo quotidiano per affidarsi a quello del respiro e non del sopraffiato. Una lentezza che significa prendersi cura di sé. E visto che la vacanza per una volta lo consente, prendersi cura dei luoghi in cui si sta, magari apprezzarne quello spirito spesso fatto di cose troppo piccole per accordarle uno sguardo. Ricordando anche (e magari un po’ illudendosene) che al Sud la vita scorre invece che correre, benché la globalizzazione non ami distinguo.
E poi, lentezza del Sud è una forma di resistenza al consumo compulsivo di tutto, specie dove la vacanza non è vacanza ma turismo. Troppo spesso quello incolonnato dietro guide che corrono (ahinoi) brandendo bandierine e mitragliando date e nomi di re e regine che dureranno lo spazio di un amen. E mentre gli incolonnati ansimanti sembrano interessati soprattutto a fotografare non solo il bello ma anche ogni superfluo possibile. Con cui ingolfare in presa diretta i social, io sono qui, quindi sono. Lentezza è soprattutto poter dire, in vacanza almeno, si può vivere diversamente, con un ritmo che si accorda a me. Col piacere delle pause come se fosse musica, anch’essa appunto un alternarsi di silenzi e di suoni come dovrebbe essere la vita.
Insomma almeno in vacanza restiamo umani. A cominciare dalla vacanza al Sud. Almeno in vacanza cerchiamo di ritrovare il silenzio dentro il rumore. Almeno in vacanza teniamoci la quiete rifuggendo l’inquieto. Almeno in vacanza non rincorriamo il mondo. Almeno in vacanza difendiamo la voglia di visione dentro la confusione. Potendo la vacanza essere in questo non una semplice vacanza, ma una rivoluzione. O, pardon, una «mutazione», come dicevano i Figli dei Fiori nel ‘68. Che tutto questo sia Sud, dobbiamo difenderlo soprattutto noi del Sud. Non per niente, e senza farla grossa, noi del Sud che abbiamo visto il pensiero nascere mentre ora il pensiero è il grande «Chi l’ha visto», il grande desaparecido, il grande scomparso.
La vacanza al Sud può consentire di recuperare quella che il grande psichiatra Vittorino Andreoli considera una parola bellissima: l’attesa, in altri momenti considerata una bestemmia. E, in questo, il Sud non rinunci alla sua rendita di posizione. Essendo ora la lentezza un desiderio universale e non un lusso da perditempo. Ed essendo la parola inglese slow più inflazionata di quanto faranno i dazi di Trump. Slow food, mangiare lentamente (Michele Mirabella giorni fa è tornato a ricordare che quando si mangia si combatte con la morte, e che mangiare è come pregare). E poi slow fashion, moda lenta, dalla moda di seconda mano al vintage. E slow tourism, appunto, dal turismo dei cammini a quello del sonno (per il quale fioriscono resort da Paperoni). Sud in cui sopravvivono ancora (e nonostante tutto, nell’inquinamento social di tutto) quelle radici ormai precluse alla gente accelerata che perde i piedi (come ammoniva Marshall McLuhan, il padre della comunicazione contemporanea).
Insomma se c’è di più nella vita, questo di più sopravvive al Sud. Perciò tu pellegrino che scendi al Sud alla caccia di qualcosa che non hai più, abbeverati non solo di birra Peroni. Perlomeno per i tuoi giorni tutto compreso ribellati con dolcezza al pensiero unico della velocità, alla dittatura della fretta, al terrorismo del quanto prima. E tu meridionale che ne sei l’ultima vestale, cerca di farti imitare più che di imitare. Il poeta romanesco Giuseppe Gioacchino Belli non era solo un poeta romanesco ma un profeta quando diceva che la morte sta nascosta negli orologi. Forse un po’ esagerava, ma se no i poeti (e il Sud) che ci stanno a fare.