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Emiliano, Decaro, Vendola la partita a scacchi nella Puglia dei tre papi

 
Biagio Marzo

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Biagio Marzo

Emiliano, Decaro, Vendola la partita a scacchi nella Puglia dei tre papi

Nel Partito Democratico pugliese non si fronteggiano «duellanti», ma interpreti diversi della stessa egemonia

Martedì 22 Luglio 2025, 13:30

Nel Partito Democratico pugliese non si fronteggiano «duellanti», ma interpreti diversi della stessa egemonia. Michele Emiliano e Antonio Decaro condividono origini, percorsi incrociati, una lunga coabitazione politica, ma oggi si trovano a un bivio: il passaggio di testimone. Nessuna guerra, almeno in superficie. Ma dietro le scelte che entrambi si apprestano a compiere - e a non compiere - si gioca il futuro del centrosinistra in Puglia. E non solo.

Definire Antonio Decaro e Michele Emiliano «duellanti» è prendere lucciole per lanterne. Entrambi rappresentano, ciascuno a modo suo, il Partito Democratico nel Mezzogiorno d’Italia. La Puglia ha due leader politici di primo piano, il cui successo elettorale li spinge a competere su scala nazionale. Emiliano ha corso, a suo tempo, per le primarie della segreteria nazionale; Decaro è indicato come possibile successore di Elly Schlein alla guida del Nazareno.

Tre culture politiche, una diversa dall’altra. Michele Emiliano ha dimostrato, negli anni, un certo fiuto, che gli ha consentito di anticipare i tempi della politica. Va riconosciuto che fu tra i primi a leggere il fenomeno grillino e a proporre un’alleanza di governo con il M5S in Puglia. Il suo modo di fare politica lo ha spesso portato a esondare a destra, giustificandosi con la necessità - da lui ribadita - che senza le forze moderate e conservatrici, in Puglia, il centrosinistra non vince. Come medaglie al valore porta sul petto dieci anni da sindaco di Bari e dieci da presidente della Regione. Da un cursus honorum nella magistratura – da cui non si è mai dimesso – decise, negli anni dell’ondata giustizialista di Mani Pulite, di entrare in politica candidandosi a sindaco di Bari. Politicamente ha zigzagato all’interno del centrosinistra, fino alla scelta di ricandidarsi nelle liste del PD, al termine dei due mandati da presidente, come «frate» consigliere regionale, in attesa delle elezioni politiche del 2027, quando punterà a entrare in Parlamento. Nel corso dei conflitti in corso, ha abbracciato i «Pro PAL» e ha interrotto i rapporti istituzionali e commerciali della Regione Puglia con Israele, definendo l’intervento a Gaza «un genocidio di inermi palestinesi». Sulla guerra tra la Russia e l’Ucraina sta dalla «parte della Nato senza se e senza ma».

Antonio Decaro, invece, è cresciuto a pane e politica sin da piccolo: suo padre era assessore al Comune di Bari per il Partito Socialista Italiano. Ingegnere di professione, ha lavorato nel privato e nel pubblico, ma la politica è sempre stata la sua stella polare. Così come il riformismo, che è sempre stato la sua cartina al tornasole. Fu proprio Emiliano, da sindaco, a chiamarlo al servizio permanente effettivo, affidandogli l’assessorato alla mobilità. Da allora non ha più lasciato la politica e la politica non ha più lasciato lui: consigliere regionale, parlamentare, sindaco di Bari, presidente dell’Anci, e infine parlamentare europeo, eletto con 500mila preferenze. Un dato che parla da sé.

Elly Schlein, invece, candidata alla segreteria del Partito Democratico, è stata bocciata dagli iscritti Dem, ma votata dagli elettori dei gazebo. Elettori suoi, ma, forse, molto meno del Pd. Per formazione è movimentista, di cultura woke, vicina alla cancel culture, pan-sindacalista per convenienza e giustizialista per convinzione. Della sinistra storica italiana conosce poco: né storia, né grammatica, né sintesi politica. Sulle candidature di Emiliano e Decaro, Schlein fa Ponzio Pilato, dimostrando i suoi veri limiti di leadership: non vuole sciogliere il nodo del Pd pugliese. Emiliano è primus inter pares, idem Decaro, la cui politica è segnata da un’autonomia che non ha bisogno di «affidamenti», se mai ne avesse avuti in passato. Il bello è che non li accomuna solo e soltanto la competizione politica, ma anche la scrittura: il presidente pubblica il noir L’Alba di San Nicola, l’ex sindaco il libro autobiografico Vicino. Tanto per cambiare pubblicati dal medesimo editore: Solferino.

Il candidato in pectore per la successione a Emiliano è, senza ombra di dubbio, Antonio Decaro. Ma per candidarsi dovrà dimettersi dalla presidenza della Commissione Ambiente, Sanità pubblica e Sicurezza alimentare del Parlamento europeo. Un incarico di prestigio. Senza la sua candidatura alla guida della Regione Puglia, il centrosinistra rischia grosso, al di là della debolezza strutturale della classe dirigente della destra pugliese. I nomi che circolano, absit iniuria verbis, non sono competitivi. Consapevole di essere l’unico candidato possibile, Decaro non ha ancora annunciato urbi et orbi la sua discesa in campo. Emiliano freme, Decaro medita. Il suo pensiero, senza dubbio, torna alla vigilia delle elezioni comunali di Bari, di cui i Dioscuri non c’entrano un fico secco, quando successe di tutto e di più. L’inchiesta «Codice interno», con Giacomo Olivieri accusato di voto di scambio con gruppi criminali per l’elezione della moglie, Carmen Lorusso, al consiglio comunale; le dimissioni dell’ex assessora ai Trasporti, Anita Maurodinoia, sempre per voto di scambio; il caso Pisicchio; le partecipate inquinate dalla criminalità; infine, tornando ai giorni nostri, l’inchiesta di Lecce con le dimissioni dell’assessore allo Sviluppo economico e consigliere regionale Alessandro Delli Noci. Una vicenda giudiziaria ancora avvolta nel cono d’ombra. A ragion veduta, Antonio Decaro sta riflettendo per capire quale strada intraprendere, senza rischiare di trovarsi davanti a problemi imprevisti di ogni tipo. Non è esente da queste circostanze il mondo politico. Gli serve tempo per organizzare una campagna elettorale credibile, improntata alla trasparenza e alla forte discontinuità. Su queste vicende dovrebbe riflettere anche Michele Emiliano, in quanto magistrato e politico. Eppure, non si può non notare come la sua candidatura a consigliere regionale - il «saio di frate» - sembri davvero poco adatta. Vero è che potremmo trovarci con due «papi»: come Ratzinger e Bergoglio. Anzi, tre: Bartolomeo di Costantinopoli, alias Nichi Vendola da Terlizzi. Naturalmente, sarebbero troppi a dir messa.

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