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Nel mondo «assetato» ad assalire il Papa è l’isteria mediatica

 
Rosario A. Polizzi e Camilla Sodano

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Rosario A. Polizzi e Camilla Sodano

LA PRIMA USCITA A SORPRESA DI PAPA LEONE XIV: dopo l'elezione va a salutare nel Palazzo dove viveva

Dopo l’elezione di Papa Leone XIV, la macchina della divulgazione non si è fatta attendere. Via con manifestazioni di speranze, paure e, sostanzialmente, forme di isteria mediatica

Martedì 13 Maggio 2025, 14:00

Dopo l’elezione di Papa Leone XIV, la macchina della divulgazione non si è fatta attendere. Via con manifestazioni di speranze, paure e, sostanzialmente, forme di isteria mediatica. I media non raccontano più ciò che accade: lo anticipano, lo modellano, lo deformano. In questa corsa alla previsione, il Papa diventa un oggetto di fiction, non un uomo. Recita il detto: «Neanche la bocca deve aprire!». Un personaggio costruito per colmare l’ansia collettiva di significato, per placare o esaltare aspettative che spesso con il Vangelo hanno ben poco a che vedere.

Dopo l’annuncio, televisione, giornali e social network sono stati travolti da una vera e propria ondata di reazioni, in molti casi caratterizzate da toni accesi nel senso: «lo avevo previsto, il conclave avrebbe sovvertito il pronostico!». E poi la saggezza popolare riemerge: «Chi entra Papa in conclave, ne esce cardinale». Tutto ciò è lo specchio di un tempo in cui la figura del Papa ha assunto un ruolo sempre più simbolico e globale. Non è più solo il capo spirituale dei cattolici, ma anche un attore geopolitico, un influencer morale, un riferimento in una società frammentata. Siamo passati dalla suspense alla sovrainterpretazione, nel tempo ben narrato di un semplice «Habemus Papam».

Chi è davvero Leone XIV? Pochi lo conoscono a fondo, ma questo non ha impedito a influencer e teologi freelance di trarre conclusioni affrettate. È bastato uno sguardo per scatenare il gioco delle etichette: «moderato», «progressista», «tradizionalista mascherato», «populista spirituale». In realtà, Leone XIV non ha ancora detto una parola ufficiale. Ma la macchina si è già messa in moto, assetata di senso, pronta a incasellare ogni dettaglio del suo pontificato ancora non iniziato. Non vogliamo più ascoltare: vogliamo indovinare.

Questa metodologia previsionale non è nuova, ma sembra amplificarsi a ogni cambio di pontificato. Non si vuole sapere cosa farà il Papa, ma se confermerà ciò che già pensiamo. Siamo meno interessati al suo magistero che alla sua «linea». Ci chiediamo: sarà contro o a favore? Ma nessuno osa più chiedersi: sarà credibile, sarà giusto, sarà profetico? Per ora, lo spettacolo continua. Leone XIV è il Papa. Ma a parlare è il mondo. E allora giù con: «Sono sicuro che cambierà i collaboratori nei principali dicasteri». E poi: che toni userà nel suo primo Angelus? Come affronterà subito i nodi più controversi - come il ruolo della donna nella Chiesa, la gestione degli abusi, o il dialogo con il mondo secolare? E ovviamente ognuno ha le sue risposte, in una maionese programmatica che si dissolverà nella nebbia. Dietro l’apparente attesa per «i primi gesti del pontefice» si nasconde una realtà molto più cinica: vogliamo spettacolo, non spiritualità. Ci interessa più il titolo del giornale che il contenuto della catechesi. Il mondo è isterico. La Chiesa lo è diventata. Vedremo se Leone XIV avrà il coraggio di non esserlo. Sembrano riecheggiare le parole di Papa Paolo VI in un momento altrettanto teso della storia ecclesiale: «Il fumo di Satana è entrato nella Chiesa». Era il 1972. Non parlava di scandali esterni, ma di di smarrimento spirituale, di una fede che vacilla proprio quando cerca di piacere troppo al mondo. Oggi, nel 2025, quella frase suona ancora più vera. Leone XIV si affaccia su una Chiesa dove non c’è solo fumo: c’è un incendio. La sfida non è spegnerlo in fretta, ma ritrovare l’aria per respirare. Anche in un contesto dominato da sottotitoli dettati persino dai metodi dell’IA. Non pastori da salotto televisivo, non simboli plastificati, ma uomini immersi nella realtà del popolo. Forse è questo il segnale più potente: il silenzio come resistenza, la presenza come testimonianza. Il mondo si affanna a parlare. Ora tocca al Papa scegliere se ascoltare o semplicemente camminare.

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