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Immigrazione post Brexit così la Gran Bretagna è diventata terra di mezzo

Immigrazione post Brexit così la Gran Bretagna è diventata terra di mezzo

 
Francesco Nicola Maria Petricone

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Francesco Nicola Maria Petricone

Inghilterra, Big Ben

Dalla Brexit, appare così il Regno Unito. Dimidiato tra un’Unione europea dalla quale ha voluto affrancarsi tempo fa e quegli Stati Uniti d’America di cui un tempo era partner privilegiato

Martedì 11 Febbraio 2025, 14:24

14:25

Una terra di mezzo. Dalla Brexit, appare così il Regno Unito. Dimidiato tra un’Unione europea dalla quale ha voluto affrancarsi tempo fa e quegli Stati Uniti d’America di cui un tempo era partner privilegiato.

Un tempo. Perché oggi la Gran Bretagna di Keir Starmer ancora sembra non essere riuscita a fare breccia nell’amministrazione Trump.

Rimane invece sempre più una terra promessa, per molti migranti, soprattutto vietnamiti, che arrivano qui attraverso l’Ungheria alla ricerca disperata di una vita migliore.

Tanto che ieri l’inquilino di Downing Street si è sentito in dovere di postare su X la sua denuncia: «Troppe persone sono in grado oggi di venire e lavorare illegalmente nel Regno Unito. Stiamo mettendo fine a questo».

La linea del governo laburista rincorre quella di Trump e si mette in scia a Nigel Farage?

Difficile dirlo. Dallo scorso mese di luglio però sono stati deportati 16.400 fra immigrati illegali, criminali stranieri e richiedenti asilo respinti.

E nell’ultimo mese ci sono stati oltre 800 raid della polizia in ristoranti, autolavaggi, centri estetici, pub e coffee shop letteralmente a caccia di lavoratori clandestini.

Un aumento esponenziale rispetto al passato. Una linea di chiusura, iniziata proprio cinque anni fa, che peraltro non ha impedito che l’immigrazione oltre Manica sia oggi molto maggiore di allora.

Quando proprio il contrasto ai flussi migratori provenienti dalla Francia fu uno dei principali stimoli ad abbandonare Bruxelles.

Insieme al malessere, per usare un eufemismo, degli agricoltori della regina, stufi di limitazioni e oneri imposti dalla PAC, la Politica agricola comune dell’UE.

Oggi peggio di allora insomma sembra andare a Londra. Dove Reform UK, il partito di Farage, proprio lui, l’inventore della Brexit, nei sondaggi è dato un punto percentuale sopra il partito di Starmer.

Tanto che gira la voce che la rincorsa del leader dei laburisti in materia di migrazione sia tutta interna, sull’ormai capo dell’opposizione in Parlamento, piuttosto che internazionale sul presidente americano.

Anche perché l’inflazione continua a salire, i prezzi a crescere e il potere d’acquisto dello stipendio del suddito medio a ridursi.

Si verifica insomma esattamente l’opposto di quello che si sperava di realizzare con l’uscita dall’UE. Prosegue però la rincorsa del primo ministro inglese in questa terra che da lontano appare ancora un po’ desolata, malgrado le tante promesse. Divisa anche oggi tra la memoria di una Brexit tanto desiderata allora, meno forse oggi.

In attesa che le ultime decisioni risveglino quelle radici sopite e ridiano un po’ di linfa al governo laburista.

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