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Tira una brutta aria contro i diritti e l’attività sindacale

 
Enzo Augusto

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Enzo Augusto

Tira una brutta aria contro i diritti e l’attività sindacale

La premier Meloni su Rete 4 in diretta, il vicepremier Salvini sui suoi social (bestie e bestioline) a reti unificate, attaccano senza mezzi termini lo sciopero generale proclamato da CGIL e UIL. Sì, stiamo parlando, dello sciopero generale, il diritto di sciopero tutelato dalla Costituzione

Sabato 07 Dicembre 2024, 12:26

Tira una brutta aria antisindacale in giro. La premier Meloni su Rete 4 in diretta, il vicepremier Salvini sui suoi social (bestie e bestioline) a reti unificate, attaccano senza mezzi termini lo sciopero generale proclamato da CGIL e UIL. Sì, stiamo parlando, dello sciopero generale, il diritto di sciopero tutelato dalla Costituzione (altro ingombro che questo governo vuole modificare, se non disfarsene al più presto). I sindacati hanno proclamato scioperi generali contro tutti i governi. È da presumere che i governanti non ne fossero entusiasti, ma nessuno si era spinto ad attaccarli apertamente e senza ritegno e a tentare di contenerli e controllarli. Una brutta aria. Non dimentichiamo che qualche tempo fa ci fu un assalto squadrista alla sede nazionale della Cgil a Roma. Non sono tra quanti gridano al ritorno del fascismo. Il fascismo fu altra cosa. Il mio professore di liceo, il professor Michele D’Erasmo, definiva Mussolini come «il tragico pagliaccio». Di pagliacci se ne vedono molti, anche nelle prime file, ma tragici per fortuna ancora no, soltanto pagliacci. Non mi sembra che ci siano nuovi Mussolini alle viste, ma il clima si sta facendo pesante. Il disagio sociale si acuisce. I ricchi, pochi, pochissimi, diventano sempre più ricchi. I poveri, in aumento, sempre più poveri. C’è uno scollamento crescente tra popolo e istituzioni. La maggioranza non vota perché non ci crede più, non crede alla possibilità di cambiamento. La politica viene percepita come un una casta intercambiabile, intenta a giochi di potere ma sorda ai bisogni delle masse popolari. La Meloni, al governo, vuole cambiare la storia, ma in politica estera continua la linea dei predecessori, in economia quella di Draghi.

È questa percepita sensazione di inutilità ed impotenza la causa del disincentivo al voto? E quindi possiamo ancora considerare democrazia un sistema in cui la maggioranza non partecipa, si sente esclusa?

Peraltro a non votare sono giovani e classi disagiate che sono i ceti nei confronti dei quali bisognerebbe intervenire efficacemente. In altre parole i vecchi, o comunque i non giovani, votano e decidono per i giovani. Così come i benestanti votano e decidono per i disagiati. È veramente paradossale.

Intanto preme alle nostre porte il Sud del mondo e l’Occidente non trova una soluzione ragionevole, ancor prima che umanitaria. L’unica soluzione sarebbe un grande piano Marshall mondiale, con una consistente riduzione del reddito e del benessere dei Paesi ricchi. «Esiste un mondo migliore. Ma costa di più», ammonisce Hernan Diaz in Trust, premio Pulitzer 2023, leggetelo.

La conseguenza è che l’esodo di questi popoli accresce il disagio nelle nostre periferie. Una lotta tra poveri. Un conflitto che favorisce spinte razziste e sovraniste. È alle porte (ce ne stiamo accorgendo?), un grosso problema sociale. Si riaffaccia l’eterna lotta di classe. Non più e non solo padrone sfruttatore e operai sfruttati. Questo c’è ancora. Ovviamente. Ma c’è altro. C’è il conflitto tra chi ha accesso alla conoscenza, al benessere, e chi è escluso. Tra chi è in e chi è out.

Ci si compiace ad esempio per fittizi e insignificanti aumenti dell’occupazione. Ma sono fittizi perché si tratta di lavori precari, senza nessuna garanzia, che non hanno nemmeno tutele sindacali e che non mettono i giovani in condizione di programmare il futuro. E poi ci lamentiamo di fughe all’estero e di denatalità.

E c’è infine l’enorme questione salariale. Salari bassi, i più bassi d’Europa, che non consentono di vivere dignitosamente a chi pure un lavoro ce l’ha. Lavoro povero, lavoro precario, lavoro malato. È questa la situazione, altro che favolette. E se il sindacato, che piaccia o non piaccia rappresenta i lavoratori e si fa carico delle loro esigenze (tutti i lavoratori, anche quelli che alle urne votano a destra o non votano), se il sindacato che con i lavoratori ha un contatto stretto di assemblee e riunioni, parla di disagio sociale, bisogna ascoltarlo, non criminalizzarlo. E se invoca la rivolta sociale bisogna avere ben chiaro che il sindacato è l’unica istituzione che può orientare e dirigere la rivolta sociale. Altrimenti c’è solo l’odore di rabbia che aleggia nel disagio, e le jacqueries.

Invece di attaccarli, invece di attaccare lo sciopero, che è una fondamentale forma di lotta in cui i lavoratori per i primi ci rimettono (certo, creano fastidi anche ai cittadini, ma attenzione, gli scioperi sono programmati per tempo e i fastidi possono essere attenuati se ci si organizza tempestivamente) i lavoratori ci rimettono il salario, ma lo fanno per far valere i loro diritti. Invece di cercare di evitare lo sciopero attraverso le precettazioni che sono un attacco al diritto tutelato della Costituzione, col sindacato bisogna confrontarsi. Prendere doverosamente in considerazione le tematiche che vengono portate avanti. E i partiti progressisti, oggi l’opposizione, devono farle proprie. È su questi temi che si gioca la leadership politica, hic et nunc.

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