Sabato 06 Settembre 2025 | 20:42

Nel disordine reale la pace è imbalsamata in una sala d’aspetto

 
Gianfranco Longo

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Gianfranco Longo

La guerra infinita tra due popoli che non hanno pace

Sin quando Usa e Urss, poi divenuta Russia, hanno potuto scaricare la loro reciproca contesa su territori altrui, si è osato immaginare in Europa che fossimo in un lungo periodo di pace e che questa avrebbe assunto addirittura una sua propria qualità, sino a farsi definitiva

Venerdì 06 Dicembre 2024, 12:46

Sin quando Usa e Urss, poi divenuta Russia, hanno potuto scaricare la loro reciproca contesa su territori altrui, si è osato immaginare in Europa che fossimo in un lungo periodo di pace e che questa avrebbe assunto addirittura una sua propria qualità, sino a farsi definitiva. La proporzione definitiva, in realtà, fa pensare a ben altri scenari, proprio quelli che si sono man mano andati rivelando, sia per l’Europa, sia per altri continenti, continenti i quali hanno dovuto accettare di chiudersi in un sarcofago, lasciando governare i due contendenti in un’altalenante età di misfatti e di cinismo.

Tale situazione rammenta linee del realismo magico, o sociale, del pittore statunitense George Tooker (1920-2011), artista in cui si intravede la lezione dell’agghiacciante arte fiamminga del XVI secolo, soprattutto di Bosch e di Bruegel il Vecchio. In uno dei suoi più celebri dipinti, The Waiting Room del 1957, l’artista newyorkese raffigura emblemi di una umanità mummificata, in parte surreale, in parte divenuta a se stessa un incubo, popolata da presenze immobili, non più in grado nessuna di riconoscersi, private della propria individualità: Non hanno occhi; i volti sono analoghi, nascosti, o persino riprodotti da una rivista con un ghigno beffardo. In nessun caso emerge, in tale rappresentazione dell’umanità, qualcosa di vero, o di vivente. Ogni presenza mostra essere un effetto del passato, transfert di un’animazione spettrale, segno di ciò che non vive più. Si tratta di immagini rafferme, in attesa; presenze che sono state riposte già come manichini in spogliatoi, questi ultimi adibiti a sarcofaghi dove conservarsi e dove riservarsi ultimi attimi di un ricordo. Altre presenze, sulla sinistra del dipinto, si abbandonano su un divano, stanche, senza volto, come lo è anche la figura che attrae l’attenzione dell’osservatore, sulla sinistra, e che a sua volta ci osserva allertandoci che rischiamo di divenire, anche noi, senza memoria, senza sguardo. Questa è l’attesa della pace: una rassicurazione millantata dai due poteri nel mondo, che detengono la comune vittoria nella Seconda Guerra Mondiale, vittoria divenuta per l’Europa una satira della salvezza e un debito infinito di riconoscenza. Per l’Europa ciò ha significato perdersi in burocrazie, sino a vedersi ancora occupata da una Nato che non avrebbe ragion d’essere, poiché nata in funzione difensiva e non offensiva.

Eppure, la Turchia, paese della Nato, non dimentichiamolo, si attrezza per mettere «disordine», ancor più, in Medio Oriente, ambendo ad ergersi ago della bilancia. I miliziani del HTS, (Hayat Tahrir al-Sham che letteralmente significa Organizzazione per la liberazione del Levante), nuova, ennesima sigla di un Islam sunnita svilito della sua portata spirituale, inteso quale esclusiva violenza bellica, sono entrati ad Aleppo compiendo già le prime uccisioni sommarie, rendendo anche vana la tregua in Libano. Infatti questi ultimi miliziani, e ci si perde fra le varie sigle sul campo di battaglia, resesi indipendenti da al Qaida per volere del loro capo Abu Mohammad al Jolani, caduto il sogno dell’IS, cioè dello Stato islamico, hanno ottenuto proprio dalla Turchia la possibilità di rientrare nel gioco mediorientale, fatto di divisioni e fazioni, e ottenere delle nuove possibilità per rifarsi delle perdite degli anni 2017 e 2019. Solo che la Nato, di cui la Turchia fa parte, non è solo un’organizzazione di pigri e sfaccendati burocrati, stanziati in una delle città più noiose al mondo, ma sarebbe anche una «forma» di difesa del mondo occidentale o atlantico, sebbene tutta questa partita si stia svolgendo in paesi che si affacciano sul Mediterraneo. E così uno Stato della Nato si concede di dirimere contese belliche, mostrando il suo vero volto di essere solo un paese sunnita, paese in lotta con tutti gli altri sciiti: Libano, Siria, Iran. Per questo la pace di cui si parla, non è che una rappresentazione inanimata, imbalsamata in una waiting room...

Si comprende quanto Elizabeth Bishop, poetessa americana, scrisse nell’ultima parte di Visite all’Ospedale St. Elizabeth, versi della raccolta Elsewhere del 1950: « (...) E questo è il soldato tornato dalla guerra./E questi sono gli anni e i muri e la porta/chiusa al ragazzo che accarezza il pavimento/per vedere se il mondo è piatto o rotondo./E questo è l’ebreo col cappello di carta di giornale/che danza attento nel reparto d’ospedale,/che cammina sull’asse di una bara fatta d’assi/col pazzo marinaio/che mostra l’orologio/che segna le ore/dell’uomo infelice/rinchiuso nella casa dei pazzi».

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