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A rischio i controlli delle sezioni regionali della Corte dei Conti

 
ettore jorio

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ettore jorio

A rischio i controlli delle sezioni regionali della Corte dei Conti

La politica è silente su uno dei principali step che riguardano il tema della legalità dei bilanci pubblici

Domenica 01 Dicembre 2024, 13:28

La politica tutta (nessuno escluso) - nel mentre si divide aspramente su regionalismo differenziato, premierato e «riforma» della magistratura ordinaria - è silente su uno dei principali step che riguardano il tema della legalità dei bilanci pubblici. Anche i maggiori talk giornalistici tacciono al riguardo della riforma Foti che gira da un anno nei meandri parlamentari.

Ebbene sì, tutti sanno ma nessuno parla dell’intenzione del Governo di mandare al macero il sistema dei controlli della Corte dei conti. Un progetto che trova il suo veicolo nel Ddl n.1621, a firma di Tommaso Foti, ispirato a modificare radicalmente la mappa dell’esercizio del controllo contabile affidato alle apposite Sezioni regionali della Corte di conti. Un baluardo del sistema della magistratura contabile Un testo - posto all’esame della Camera dal 19 dicembre 2023 e che ha guadagnato l’ok delle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia della Camera nella giornata del 9 ottobre scorso - che in soli sei articoli (al lordo dei due decisivi emendamenti a firma di Paolo Emilio Russo) liquiderebbe la partita.

Il tutto con il rischio sfacciato di ridurre ai minimi termini la giustizia contabile posta a presidio dell’andamento dei conti delle autonomie territoriali: Regioni, enti locali e dei servizi sanitari regionali nonché delle società ed enti partecipati. Ciò invece di pensare ad una riforma complessiva della magistratura contabile, a causa di una politica che pensa a se stessa piuttosto che al Paese.

Così facendo si farà quanto piace a tutti, tant’è che l’opposizione risulta completamente silente avverso il mastodontico cassino che diminuirebbe il rischio di chiamata a responsabilità risarcitorie degli amministratori locali e degli enti partecipati da Regione e Comuni. Non solo. Il testo è funzionale ad evitare alle Regioni la spada di Damocle delle parifiche sui loro rendiconti. Un tema, nei confronti del quale hanno fatto un po’ di paura alla politica bipartisan la corretta sentenza della Sezione di controllo per il Lazio n. 148/2023 – che ha scoperto altarini per circa un miliardo di euro, a seguito della quale è sceso un incomprensibile silenzio da parte di chi dovrebbe agire - e la recentissima sentenza del Molise (udienza 23 ottobre scorso) che non ha parificato due rendiconti regionali di seguito (2021 e 2022).

Su questa ratio politicamente generalizzata – nella quale rientra una elusione di responsabilità degli agenti politici e della dirigenza, sottratta anche a quelle responsabilità penali che l’abrogazione dell’abuso d’ufficio le ha evitato nonché alla chiamata a responsabilità erariale solo per dolo – a confrontarsi, dentro e fuori dai suoi ranghi, è solo la Corte dei conti. Lo fa a difesa della sua esistenza e dell’obbligo di assicurare alla Nazione il suo essere sempre nei paraggi a garanzia dei bilanci pubblici.

In questa mission difensiva, del suo essere insediata dalla Costituzione (art. 100.2) a salvaguardia dei bilanci pubblici, la magistratura contabile fa le pulci al testo e pare pretendere un approccio più complessivo al tema della riscrittura della sua disciplina. Ciò nella consapevolezza di essere comunque destinataria di un attacco sconsiderato del Governo, a cominciare dal controllo concomitante sul Pnrr, funzionale a rendere sempre più «tollerati» i bilanci e le azioni di governance. Un errore dal quale verranno fuori tanti ulteriori problemi per la Nazione e forse meno per i decisori autori di leggerezze.

Non approfittare del momento delle riforme pretese dall’UE e delle esigenze politiche da soddisfare sarebbe un peccato.

Due i punti che sotto certi aspetti si contraddicono. Una sensazione che si avverte a seguito di una lettura coordinata del testo così come implementato dal deputato Russo.

Da una parte, si dispone l’accorpamento delle procure regionali e dei siti regionali di controllo contabile, eliminandoli così dall’atlante delle verifiche routinarie, dimostrativo della volontà di condurre l’esercizio di una siffatta funzione in un collo di bottiglia, di fatto funzionale a generare ritardi e inefficienze nonché a facilitare la formazione di prescrizioni utili ai chiamati a rispondere di danno erariale.

Dall’altra, si appesantiscono le funzioni della magistratura contabile imponendo, ad esclusiva garanzia del sistema politico-burocratico, una preventiva condivisione della Corte dei conti regionale relativamente ai più delicati provvedimenti della PA territoriale. Un percorso produttivo di un debilitamento progressivo della dirigenza pubblica che, così, diventerà sempre meno efficiente e meno professionalizzata, prova ne sono le difficoltà registrate da due anni nell’assumere autonomamente i provvedimenti afferenti al Pnrr.

Rimane ancora sul tappeto, oltre alla generazione dell’anzidetto cortocircuito, la carenza di organici della Corte dei conti, già non sufficienti a svolgere i suoi già innumerevoli compiti, che si tradurrà nella pratica in assoluta inefficienza ed esonero di responsabilità degli attori protagonisti di malefatte contabili.

Un risultato, questo, che assicurerà una salvaguardia generalizzata nel sistema autonomistico territoriale. Motivo per il quale si sta formando un silente consenso politico ad un tale pericoloso progetto di trasformazione del sistema dei controlli affidato alla Corte dei conti, che nelle logiche della politica «fa bene a tutti». Un atteggiamento di tipo consociativo nella difesa del ruolo di una gestione della res pubblica meno soggetta a controlli e a comminazione di pene, contabili e penali.

Dalla Relazione di accompagnamento del Ddl 1621 - ove viene letteralmente riportata (pag. 2) la modifica proposta alla legge n. 20/1994, consistente nella cancellazione dell’inciso «limitatamente ai profili presi in considerazione nell’esercizio del controllo (attuale)» - viene scandita la vera ragione del consenso universale della politica. Ivi viene infatti affermato che «Mediante tale eliminazione, il superamento del controllo preventivo avrà effetto “tombale” sulle eventuali criticità dell’atto, mentre ad oggi è possibile sottoporre a giudizio anche gli amministratori che abbiano adottato atti vistati e registrati dalla stessa Corte dei conti». Ciò sembra essere una sorta di resa dello Stato rispetto all’esercizio dei controlli in genere.

Senza però contare che l’anzidetto effetto non esonera la magistratura ordinaria requirente (PM), nell’obbligo previsto di dover dare corso all’azione penale ricorrendone le condizioni, dall’agire sui provvedimenti nonostante coperti da «perdono contabile tombale», né tampoco li fa divenire non esposti, ovviamente, all’esame della magistratura amministrativa. Le conseguenze negative di un provvedimento pronunciato dai Tar e Consiglio di Stato produrranno di certo insonnia a tutti i compartecipi del provvedimento.

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