I ragazzi non hanno ancora gli strumenti per gestire, elaborandole, le loro emozioni, ed è per questo che servono gli adulti, educatori o genitori, che se capaci di mettersi in ascolto lasciandosi attraversare dai sentimenti e dagli stati d’animo scomodi dei figli o degli studenti, possano fungere da contenitori e arginare quelle turbolenze, favorendo riflessione ed elaborazione profonda.
Diversamente quelle emozioni trovano il modo di farsi voce attraverso esplosioni violente o chiusure in sé stessi, malesseri, depressioni e così via. Al contrario imparando a riconoscere e verbalizzare sentimenti, emozioni e vissuti, i più giovani e i fragili possono evolvere la loro capacità di contenere e dare un senso al proprio mondo interno ed esterno.
Noi adulti non siamo abituati ad ascoltare in modo empatico e profondo, spesso l’ascolto è solo un sentire parole per rispondere o per correggere, se non criticare o accusare, perché nell’educazione del passato la pratica della vicinanza affettiva era ancora più assente che ai giorni nostri. La genitorialità era espressa attraverso un codice formale, normativo basata su regole o su premi e punizioni; tuttavia, essa era molto più rappresentata attraverso l’esempio chiaro del modello di adulto, che anche se con le normali defezioni, incarnava la responsabilità del ruolo.
Oggi, è crollato il riferimento normativo poiché la comunicazione è espressa maggiormente attraverso il codice affettivo, ma con esso è entrato in crisi il modello di persona adulta, di educatore, a causa della complessità sociale che ha aperto a nuovi stili di vita variegati in cui anche il principio di adultità responsabile si è perso.
Quindi se da un lato l’assottigliamento dei confini tra codici di comunicazione ha favorito maggiore rapporto e connessione tra genitori e figli e tra educatori ed educandi, dall’altro, la mancanza di responsabilità educativa - se non proprio la crisi antropologica consistente nella perdita di riferimenti di valore e di senso dell’esistenza -, ha comportato un disorientamento di adulti e giovani, verso la formazione dell’identità e l’evoluzione della personalità.
È necessaria un’assunzione di maggiore consapevolezza negli adulti e negli educatori, i quali nonostante i loro sforzi, sono dentro la crisi di valore sul senso dell’esistenza e sui bisogni profondi e interiori della persona. Il problema è non riconoscere che la crisi educativa consiste nel la crisi dell’essere persona. E che i ragazzi manifestano solo i sintomi degli adulti educatori smarriti. Una via possibile è mettersi in gioco, ingaggiarsi in un profondo processo di evoluzione per ritornare a pensare a ciò che conta e ai valori intrinseci dell’essere persona, oltre i ruoli, per poi esprimere naturalmente questi valori nelle diverse dimensioni del vivere quotidiano.
Quindi per rafforzare i giovani, dobbiamo rafforzarci noi adulti nello sviluppo dell’identità e nell’evoluzione della nostra personalità, riannodando i legami d’amore con i nostri ragazzi in modo autorevole, sano e dandone prova attraverso la nostra vita. Non si tratta, infatti, di presentare modelli di perfezione, senza errori e senza le contraddizioni che giocoforza entrano a far parte dell’esperienza umana, ma di saperle affrontare con coerenza, maturità e autenticità, in dialogo con i più giovani che non sono spettatori passivi ma attori, protagonisti e registi del loro film accanto al nostro. Un film in cui alcune scene possono essere scritte e interpretate insieme, condividendone le sensazioni, le riflessioni e le emozioni.