Il significato profondo di una democrazia è racchiuso in due parole: premiare e punire. Uno Stato che non riesce a farlo con giustizia non è democratico. Aristotele, uno dei fondatori della logica occidentale che da allora ha governato la nostra civiltà, ricorda questa affermazione. Aristotele ci dice che fu enunciata – ormai 25 secoli fa – da Solone, l’uomo il cui nome è diventato sinonimo di saggezza politica.
Solone aveva ricevuto pieni poteri dittatoriali ad Atene e fu unanimemente incaricato dalle parti in guerra di creare la costituzione ateniese per porre fine alle guerre interne che stavano dilaniando la società. È interessante notare che Solone, una volta definite le leggi, comunicò che avrebbe lasciato la città per dieci anni, «per non essere la persona che faceva le leggi e allo stesso tempo le interpretava». È un’esaltazione dello stato di diritto che caratterizza la democrazia e che ben si adatta all’America di oggi.
Ma perché, passando per Solone, il parallelo Kamala-Lincoln? Nel frenetico dibattito che si è acceso dopo la formalizzazione del ruolo: Kamala sì, Kamala no, c’è un aspetto che è stato ignorato, e che andrebbe invece ricordato nel periodo che precede la sua incoronazione ufficiale alla National Democratic Convention del 19-22 agosto a Chicago. Questo aspetto, che è preliminare a tutti i dibattiti in una società democratica, è lo stato di diritto: l’America è la democrazia più longeva di tutto il mondo occidentale.
Quella francese, che nel 1789 l’aveva anticipata di poco, pur racchiudendo i principi fondamentali di ogni successiva democrazia occidentale, è stata spesso interrotta da regni e dittature. Mentre la Gran Bretagna, secondo chi scrive, non potrà mai essere considerata una democrazia a tutti gli effetti, finché riconosce un potere regnante ereditario al suo vertice, anche se formale. La democrazia sub judice, quella del sovrano, anche se ormai ha funzione marketing della sua famiglia. La democrazia americana, non è stata interrotta ed è sub judice solo alla Corte Costituzionale.
Lo Stato di diritto è quindi il primo pilastro della democrazia americana, e qui in modo lampante due caratteristiche elettorali dei due contendenti e i meriti di Kamala. L’abissale differenza tra lo status giuridico di Trump, riconosciuto colpevole in più occasioni per una serie di violazioni della legge della nazione, e lo status giuridico di Kamala, assolutamente limpido. Se è vero, come è vero, che la democrazia si difende prima di tutto con la tutela dello Stato di diritto - quello sempre più messo in discussione di fatto in maniera sotterranea in Italia - è una fortuna unica per gli americani poter eleggere un Presidente che per la prima volta, con la sola eccezione di Lincoln, ha come pilastro la sua professione legale. Ecco perché Kamala e Lincoln non è un parallelo inverosimile.
I temi dello sviluppo economico, delle relazioni internazionali, degli equilibri di potere interni, non devono far dimenticare agli americani che tutto questo viene discusso e dibattuto in un contesto giuridico di tutela della legge. Ed è una fortuna unica avere al vertice politico, Kamala, una persona che fino ad ora ha avuto la tutela dei diritti dei cittadini come professione pubblica. E questo è il primo punto da sottolineare, con Kamala come presidente, ogni cittadino può sentirsi più tutelato nei suoi diritti. Verrebbe voglia di poter dire lo stesso di chi gestisce il Governo in Italia. Kamala, quindi, emulare Lincoln, non è quindi un’aspirazione rischiosa. Ma c’è un terreno pratico su cui questo parallelo potrebbe essere ulteriormente sviluppato, prendendo ancora una volta Solone come riferimento. L’antico legislatore ateniese liberava dai debiti la categoria più povera che rischiava di entrare in schiavitù a causa degli interessi. E Solone, oltre a liberare i debiti, proibì la garanzia della persona che si poteva dare.
Kamala può imitare Solone liberando gli studenti da un debito che è diventato incredibilmente pesante. L’America deve tutto o quasi il suo sviluppo economico moderno allo sviluppo della conoscenza che oggi, grazie a Internet e alla Rivoluzione dell’Informazione, è diventata una vera e propria merce comprata e venduta da miliardi di utenti di Internet. In questo contesto doppiamente rivoluzionario prodotto dalla conoscenza, da internet e dalla società dell’informazione, l’India è il primo Paese al mondo che cerca di calcolare il prodotto della conoscenza di una nazione, il PIL Sapere, Gross Domestic Knowledge Product. È giusto quindi che, ispirandosi a Solone sullo stato di diritto, Kamala segua le sue indicazioni anche riducendo quell’immenso e sproporzionato debito contratto dagli studenti per l’interesse dell’America. In tal modo, Kamala potrebbe sviluppare ulteriormente il parallelo con Lincoln che fece una legge per abolire la schiavitù. Un debito gigantesco di 1,7 trilioni di dollari che grava sulle persone fino a cinquant’anni, è una forma di schiavitù economica moderna. Il giurista Lincolm lo apprezzerebbe.
Ma c’è un messaggio anche per l’Italia. In Germania, l’istruzione universitaria è assolutamente gratuita. Gli stati più generosi offrono gratuitamente tutto il materiale didattico, non solo i manuali, sotto forma di prestiti o sovvenzioni a fondo perduto. A Berlino i genitori pagano una somma forfettaria di 100 euro per tutto (!!) il materiale didattico e sono previste esenzioni per le famiglie in difficoltà economica. Che cosa ne dicono i nostri governi? Con un costo crescente della istruzione, e una diminuzione della assistenza sanitaria l’Italia si avvia a uscire dai circoli virtuosi occidentali Diritto e Sapere. Da Solone a Internet. Il nostro governo non sembra in grado di capire che è quella la forza dinamica del XXI secolo. Kamala sembra essere sulla buona strada. Dopo aver regalato l’Alitalia alla Germania - cosa di cui nessuno sembra se ne sia accorto - regaliamo all’estero anche i nostri studenti?
















