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Giunta, entro o non entro? Il balletto dei grillini con vista sulle poltrone

 
Bepi Martellotta

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Bepi Martellotta

Giunta, entro o non entro? Il balletto dei grillini con vista sulle poltrone

I Cinque Stelle, usciti dalla finestra delle «contingenze», non vedono l’ora di rientrare dalla porta delle «necessità» nel palazzo che conta in Puglia, quello dell’Esecutivo

Mercoledì 17 Luglio 2024, 12:59

«Che dici vengo? Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?» Il rapporto tra Giuseppe Conte e Michele Emiliano sembra quello che Michele Apicella, storico alias di Nanni Moretti, aveva con i suoi amici sin dai tempi del celebre film «Ecce bombo». Entriamo nella Giunta regionale o non entriamo? Ci si nota di più se restiamo fuori o se ci prendiamo gli assessorati che contano?

I Cinque Stelle, usciti dalla finestra delle «contingenze», non vedono l’ora di rientrare dalla porta delle «necessità» nel palazzo che conta in Puglia, quello dell’Esecutivo. Ma questa pausa di qualche mese, che ha visto il Welfare retto da Rosa Barone lasciato nel limbo, va fatta pesare bene. Perché questi mesi sono serviti a soddisfare le richieste della leader Pd, Elly Schlein di cambiare rotta a Bari, investita dallo scandalo dell’inchiesta, con un rimpasto di giunta regionale sollecitato al governatore Emiliano. Rimpasto, a giudicare dai tempi e dai modi, diventato un ritocchino. E per i grillini questi mesi di digiuno dal potere, dopo averlo assaggiato nei corridoi di via Gentile, possono avere un senso solo se l’epilogo è come un film di Moretti. Non siamo noi a chiedere posti in Giunta, dicono, è Emiliano che ci vuole e ci invita alle sue «feste». Noi, duri e puri, vogliamo solo il «patto per la legalità».

È il solito intricato dilemma che va avanti dal 2013, quando il Movimento esplose dietro al comico Grillo: né a destra, né a sinistra, basta che ci siamo, da duri e puri. Mossero un popolo che credeva davvero avrebbero «aperto il Parlamento come una scatoletta di tonno» o fatto «giostrine nei parchi verdi al posto dell’Ilva» o, ancora, «fermato il gasdotto Tap a Melendugno». Il popolo, dopo un po’, ha scoperto che la scatola del Parlamento c’era ancora e loro erano diventati il tonno; che l’Ilva stava ancora lì a cacciare fumi e che il gasdotto (per fortuna) è arrivato. Per carità, tutte belle battaglie «di sinistra» che non dispiacciono alla «destra», tanto che i governi sono cambiati come le ninfee cangianti: giallo-rosso, giallo-verde, a seconda degli alleati a cui il presidente del Consiglio Conte assegnava ministeri e resuscitava in nuove forme parlamentari (rigorosamente lontano dalle urne) alleanze ora con Salvini ora con Bersani. È la politica, bellezza.

Ed eccoci in Puglia. Dove Emiliano ci crede da tempo in quel «né a destra, né a sinistra» e non ha nessuna intenzione di rinunciare alla sua idea di «campo largo» con i Cinque Stelle, campo a dir poco traballante a livello nazionale tra Schlein e Conte. Nel campo di Emiliano, però, c’è di tutto, l’importante è vincere alle urne: dai grillini ai cataldiani, dagli olivieri di turno agli ex meloniani, dai berlusconiani pentiti ai vendoliani risorti. Emiliano, che non è nato ieri in politica e può rivendicare il ruolo di fondatore del Pd dal lontano 2009 (stando sempre un passo fuori dal Pd), sa bene che c’è lei da tenere buona: Elly Schlein, quella che gli chiedeva l’azzeramento totale dopo gli scandali emersi dall’inchiesta. E sa che tenere dentro i grillini significa mettere una buona bandiera di campo largo a Bari, visto che a Roma non ci riescono più di tanto.

Per la leader nazionale del Pd le regioni (comprese quelle in cui il Pd governa) sono come un geroglifico degli antichi egizi: non ne sa nulla. Sa che ci sono «cacicchi» che controllano i territori, come Emiliano in Puglia e De Luca in Campania; li sopporta a denti stretti e prova, di tanto in tanto, a bacchettarli come si conviene al capitano di una squadra per «riportarli» nei ranghi. Ma niente da fare. È come la prof che tenta di mettere in riga quelli dell’ultimo banco. Elly, la prof, ha sbancato alle ultime urne e gli «studenti» sono tutti contenti, compresi quelli dell’ultimo banco. Ma loro, i «ribelli» De Luca e Emiliano, lo sanno: tanto qua alla fine decidiamo noi, facciamole vedere che i compiti a casa li facciamo, compresi i ricambi nei posti di comando sotto il vessillo della legalità. Poi se invece di un azzeramento viene fuori un rimpastino, la prof si accontenterà.

Ecco materializzarsi il ricambio degli assessori esterni, con i pentastellati duri e puri che escono a testa alta dalla tolda di comando. E poi arriva il tocco magico della rotazione dei dirigenti, quelli che sposti dallo Sviluppo economico alla Sanità ogni tanto, così tutti credono che 10 metri di corridoio da attraversare da un ufficio all’altro del palazzo impediscano loro di coltivare poteri stratificati dopo un po’ di anni. Conte, il leader dei Cinque Stelle, gongola: il «patto per la legalità» in Puglia è bell’e fatto. E sai che c’è? Facciamo pure saltare le primarie per il sindaco di Bari, tanto sappiamo come andrà a finire (vince Leccese prima ancora di andare a votare) ma almeno ci laviamo la faccia da quelli che i gazebo possono sporcarceli.

Sullo sfondo di questo film alla Moretti, qualche lobbista ai domiciliari (Cataldo), qualche politico dietro le sbarre (Olivieri), qualche assessore nel fango (Maurodinoia e Pisicchio) e un capoluogo (Bari) dove le assunzioni nelle municipalizzate le decidevano le seconde file dei clan, ma non se n’era mai accorto nessuno. Una città in festa che urla in piazza «non siamo mafiosi» mentre un inebetito, catatonico centrodestra va a chiedere aiuto al Ministero dell’Interno per risolvere quello che non è in grado di affrontare alle urne. Si è vista com’è andata a finire.

Ma torniamo alla dieta pentastellata da poltrone. Il precipizio di voti alle Europee e la più prevedibile ecatombe alle amministrative non hanno scalfito di un centimetro l’altero passo di Conte. Il quale sa di avere in Puglia un alleato prezioso, Emiliano, sempre pronto a sorreggere i pentastellati anche quando spariscono dai radar nazionali. A Roma? La leader Pd ormai gongola per la vittoria di Leccese, plaude all’en plein di Decaro alle Europee, spera di raggiungere la cima dove siede Meloni ed è convinta che i cambi di passo che chiedeva in Puglia siano tutti risolti.

Nessun cruccio se le primarie per la scelta del sindaco di Bari, dopo vent’anni siano saltate. Nessun problema se la richiesta di rivoltare come un calzino pure la Regione si sia tradotta in due ritocchini qui e là. L’Amtab è a posto, le compravendite di voti sono finite, il centrodestra è tornato ai suoi sonni tranquilli e a sinistra hanno ripulito tutto, spazzando via le Lorusso e i Cataldo di turno. Maurodinoia chi? Mai vista, nemmeno a Triggiano.

Resta solo il dilemma dei duri e puri: «Che dici vengo? Mi si nota di più se resto con l’appoggio esterno a sventolare fuori la bandiera del patto per la legalità o se partecipo alla festa delle poltrone?»

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