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Quando l’antifascismo è marketing

Quando l’antifascismo è marketing

 
Biagio Marzo

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Biagio Marzo

Quando l’antifascismo è marketing

Antonio Scurati non è uno storico dello stesso spessore di Renzo De Felice, Rosario Romeo e di Simona Colarizzi, per fare solo dei nomi che mi vengono in mente senza pensare due volte

Mercoledì 24 Aprile 2024, 14:00

Antonio Scurati non è uno storico dello stesso spessore di Renzo De Felice, Rosario Romeo e di Simona Colarizzi, per fare solo dei nomi che mi vengono in mente senza pensare due volte. Viceversa è uno scrittore e giornalista brillante e bravo, vincitore del premio Strega, conosciuto in Italia come all’estero. I libri «M» sono scritti meravigliosamente bene e la descrizione dei fatti storici sono pregevoli e sintetici. Non c’è che dire : chapeau!

La conduttrice, Serena Bortone, della trasmissione «Che sarà» in onda sul canale Ra3, ha chiamato, Antonio Scurati, per un monologo storico sul 25 aprile, per celebrare la Liberazione, ed è scoppiato il finimondo. E chi è andata di mezzo: la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Da un lato, la Bortone ce l’ha messa tutta per far diventare un caso, lanciando il messaggio sui social, in cui affermava che lo scrittore, intervenuto a titolo gratuito, era stata cancellata la di lui partecipazione in «Che sarà». A suo avviso, aveva avvertito anzitempo il settimo piano del palazzo della Rai.

Dall’altro, per colpa dei dirigenti della Rai, scelti e messi dalla Meloni, che per fare i più realisti del re si sono incartati e hanno pasticciato tanto ma tanto da ingarbugliare sesquipedale il caso. La Meloni ha tirato in ballo anche il compenso «esoso» di 1800 euro, al che, Scurati precisa che fu consensualmente pattuito tra Rai e l’agenzia letteraria Elastica, per mandare in onda il monologo di un minuto. Sarà stato un maldestro ufficio contratti della Rai, o, che sia stato il contenuto del testo, per cui era tale da essere censurato, o, per via di un monologo «aggratis», vallo a sapere.

A ben pensare, tutto sarebbe passato alla chetichella se Scurati avesse potuto recitare il monologo sul 25 aprile, invece cancellandolo i dirigenti Rai hanno fatto scoppiare un casus belli. Motivo per cui, la Meloni si accingerà a tagliare la testa di qualche «cortigiano, vil razza dannata». L’egemonia culturale non si costruisce, senza aver studiato Gramsci e Croce. Sia di insegnamento. Tutti i mezzi di informazione scritti e parlati hanno reso noto il monologo scuratiano e ci hanno ricamato sopra con filo orbaniano.

Se fosse una vera e provata censura sarebbe deprecabile e sorgerebbero seri problemi di agibilità politica e di libertà di informazione, ma così non è e la verità verrà fuori, quando il caso sarà affrontato nella Commissione bicamerale di vigilanza.

La conduttrice, Serena Bortone, ha letto il testo e, nello stesso tempo, è diventata «l’eroina antifascista» del giorno. Insomma, una «partigiana» che combatte il suo datore di lavoro la Rai in mano alla Giorgia Meloni. Ha vestito i panni della partigiana come quelle della Resistenza di cui tanto si è parlato per il loro prezioso compito di comunicazione: con astuzia riuscivano sovente a passare dai posti di blocco nazisti e fascisti raggiungendo la meta prefissata, dando utili informazioni alle brigate partigiane. Un successo inaspettato per la Bortone e per la sua «Che sarà», finora sconosciuta all’universo mondo, con uno share della serie bonsai e un insuccesso per i dirigenti della Rai che fanno rimpiangere alcuni amici come Ettore Bernabei, Paolo Grassi, Sergio Zavoli, Biagio Agnes, Enrico Manca.

Quel benedetto monologo che cosa narra , per cui ha messo scompiglio nel vertice della Rai e nella vita politica italiana in cui la cosiddetta sinistra crede di aver sferrato il calcio dell’asino. Parte dall’assassinio di Giacomo Matteotti, passa dai crimini dei nazifascisti, per arrivare alla Meloni.

Per la storia, Antonio Gramsci definì Matteotti, sbagliando, «il pellegrino del nulla». Piero Gobetti, invece, di Giacomo Matteotti aveva una grande ammirazione e lo considerava l’anticipatore dell’antifascismo. Altrettanto Gaetano Salvemini.

Mussolini assoldò i sicari per uccidere il segretario del Partito socialista, il cui intervento alla Camera sugli imbrogli elettorali, preoccupò non poco il Capo del governo. C’è di più. Aveva scoperto le tangenti della società petrolifera statunitense Sinclair OIL versate a Mussolini e al Vittorio Emanuele III soprattutto. Fu proprio questa scoperta che sarebbe potuta sfociare a uno scandalo di Stato che portò all’uccisione del leader socialista, al selvaggio trattamento del suo corpo, prima di essere seppellito con pressappochismo.

Precisiamo, sine ira et studio, che fino a quando Scurati fosse restato alla storia italica nulla quaestio, ma il seguito del monologo è stato in politichese e nella logica dell’antifascismo. Che avrebbe potuto evitare, perché è entrato nel campo politico la cui cifra non era di sua competenza. Visto che era stato chiamato dalla Bortone, per la celebrazione del 25 aprile, e non sul mancato revisionismo della Meloni. Non era la sede per aprire un dibattito sull’ondivago antifascismo della Meloni e dei suoi Fratelli, ma con il monologo Scurati ha voluto dimostrare che è un antifascista tutto d’un pezzo. Come diceva Ennio Flaiano: «In Italia, i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti». Insomma, è stata una forzatura bell’e buona che avrebbe potuto evitare. E poi, da che mondo è mondo, in ogni partito di conio ideologico, in modo residuale, ci sono i nostalgici e i facinorosi e gli stupidi: l’uno, l’altro e l’altro ancora fanno danni e guasti enormi alle istituzioni democratiche.

Una cosa è certa, che per colpa degli squinternati dirigenti Rai, la festa del 25 aprile «appena cominciata è già finita» e Giorgia Meloni ha dovuto mettere una pezza, pubblicando il monologo scuratiano sul suo FB. Sulla querelle fascismo e antifascismo, la Presidente del consiglio ha giurato sulla Costituzione antifascista e lo ha ribadito non una volta, ma tante volte e in tutte le salse. Non sta a noi fare i difensori della Meloni, ma a noi interessa la verità e non la manipolazione dei fatti.

Se poi dovrebbe sottoporsi all’analisi del sangue, vale la pena quello che disse Leonardo Sciascia: «Il fascismo non è morto. Quando tra gli imbecilli e i furbi si stabilisce una alleanza, state bene attenti che il fascismo è alle porte».

La storia dell’antiberlusconismo non ha insegnato nulla: girotondi ovunque per l’Italia, con in testa Nanni Moretti e al suo seguito il milieu dell’ intellighenzia radical chic, per sconfiggere il governo del Cav. Un flop sotto tutti gli aspetti. Il perfido Cossiga disse la sua al vetriolo: «Fra i girotondi non c’è traccia di operai, è gente che quando torna a casa beve Brunello o champagne, sono champagnoni».

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