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Il nostro Occidente non può dipendere sempre dalla Cina

 
Giaime Marzo

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Giaime Marzo

Il nostro Occidente non può dipendere sempre dalla Cina

Le elezioni di Taiwan possono influire direttamente sia sulla stabilità dei governi europei - di quello italiano in primis - sia sulla evoluzione dei processi economici dell’Occidente

Domenica 21 Gennaio 2024, 13:02

Le elezioni di Taiwan possono influire direttamente sia sulla stabilità dei governi europei - di quello italiano in primis - sia sulla evoluzione dei processi economici dell’Occidente. La Cina ha tentato di proporre la Via della Seta, una rete commerciale che congiunge - nell’idee dell’ autarchia orientale - Beijing con Rotterdam passando, più o meno, da quella che era la via percorsa da Marco Polo mille anni fa. Quest’idea che a prima vista sembrerebbe uno sforzo da grande potenza è sintomo invece di debolezza, dato che la Cina trova difficoltà nello sbocco a mare.

Taiwan ha una posizione al centro del Mar Cinese, costituendo l’isola principale della cosiddetta prima catena di isole ovvero prima linea di contenimento USA sulla Cina continentale. La Repubblica Popolare Cinese intende prendersi Taiwan, portarla sotto il proprio controllo comunista, renderla una provincia ed utilizzarla come barriera di sbarramento sul Pacifico.

Così facendo gli USA insieme alle democrazie oceaniche e asiatiche, Taiwan in particolare, chiudono lo sbocco sul mare frenando l’ ambizione di Xi Jinping che sogna una Cina riunificata, tanto da porla al primo posto della sua agenda presidenziale. Per poter definitivamente scalfire il primato statunitense, la Cina ha bisogno di prendersi Taiwan, motivo per cui l’Occidente fa di tutto per impedirlo a tutti i costi.

L’escalation potrebbe essere graduale e passare da un progressivo riassetto delle economie mondiali, cosa che sta già accadendo con la contrapposizione commerciale West versus Brics e con guerre regionali ai confini dei due blocchi. Chiaramente i blocchi non sono granitici e le alleanze sono liquide in via di solidificazione. Per fare due esempi, l’India, la più grande democrazia del globo per valori e tradizioni, potrebbe schierarsi con l’Occidente, l’Italia è stato l’unico paese dell’Ovest a siglare l’accordo della Via della Seta Cinese. Proprio l’Italia assieme alla Germania ha deviato, per ragioni economiche, dagli interessi occidentali, strizzando dapprima l’occhio al Cremlino per l’approvvigionamento energetico e poi cercando di dare ai cinesi la base logistica per lo sviluppo dei loro piani di espansione commerciale. La guerra in Ucraina è stata una wake up call per i due paesi manifatturieri europei e il risveglio è stato segnato da una tirata di orecchi da parte di Washington: no more games! La Presidente Meloni ha letto i segnali internazionali e si è velocemente dimenticata della sua battaglia contro le sanzioni UE vs la Russia e si è schierata senza se e senza ma con Washington.

I cinquestelle invece - sotto Conte l’Italia aveva firmato coi cinesi- non dimenticano i loro legami con Pechino ed il loro fondatore Beppe Grillo è uno dei cavalli di Troia più illustri della dittatura orientale in Italia. Nei prossimi anni, se non già ora, queste posizioni politiche pro Cina saranno sempre più inaccettabili (come sono le russe oggigiorno) e non verranno più tollerate dall’apparato USA. Per questo, le democrazie occidentali - Italia in primis - devono ripensare la propria strategia produttiva ed energetica in modo veloce e strutturato. Il reshoring, ossia il ritorno della produzione industriale in Europa, deve essere il primo punto per l’agenda politica dei nostri governi e delle strategie industriali per le nostre aziende. Così come deve essere di importanza fondamentale un approvvigionamento energetico che punti sul nucleare e anche se necessario al carbone. Una filiera corta della produzione energetica è necessaria: non si può passare da essere dipendenti dal gas russo all’essere dipendenti dei pannelli solari cinesi.

L’Europa aggiorna in continuazione allargando la lista dei critical raw materials, le terre rare e i materiali necessari alla produzione dei beni industriali tradizionali e di ultima generazione. È l’unico modo per poter mantenere la supremazia occidentale in caso di guerra commerciale con la Cina, o peggio, di una guerra vera e propria. L’argent fait la guerre, ma in questo caso anche il nikel.

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