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Aumentare le nascite riscoprendo la co-genitorialità

 
Emanuela Megli

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Emanuela Megli

culle vuote, pochi neonati

Per alcuni la causa della denatalità è la carenza di servizi di welfare per la famiglia a tutte le età del ciclo biologico di vita

Giovedì 04 Maggio 2023, 13:16

Il calo delle nascite non è solo una questione economica risolvibile con incentivi e con l’abbattimento del cuneo fiscale in base al numero dei figli, come le proposte che si stanno discutendo in questi giorni al governo. Per alcuni la causa della denatalità è rinvenibile nel cambiamento culturale del ruolo della donna. Per altri, invece, la causa principale è la carenza di servizi di welfare per la famiglia a tutte le età del ciclo biologico di vita. Queste ultime sembrano concause di minore rilievo rispetto alla necessità di una ripresa del principio di co-genitorialità, oggi scoperchiato da una maggiore consapevolezza sulla necessità di essere in due a generare e a gestire un nucleo famigliare e affettivo. In due a voler mettere al mondo dei figli e in due a volersene prendere cura, ad accoglierli, ad accudirli e ad accompagnarli nel percorso di crescita.

Co-genitorialità e co-niugalità che prevede un impegno paritario e una responsabilità comune, oltre alla bellezza e al piacere di riappropriarsi del gusto di vivere le relazioni affettive con l’importanza che meritano e non in modo secondario rispetto agli obiettivi di performance di lavoro o economico finanziari. Questi ultimi, infatti, se da un lato tutelano la sicurezza famigliare e assicurano riconoscimento e stima professionale, dall’altro non sono sufficienti a dare soddisfazione all’esistenza senza consentire il giusto tempo e spazio alla vita e alla cura degli affetti, che rappresentano un indispensabile bisogno nella crescita umana legata al benessere psico-affettivo della persona.

È in gioco la transizione culturale sul lavoro e sulle sue forme ibride, sulla capacità di mantenere o aumentare la performance e al contempo tutelare e favorire il benessere. È in gioco il principio dell’essere persona, con l’esigenza di armonizzare la vita, l’essere con il fare, la persona prima del ruolo, in un ripensamento dei valori (ciò che è importante) e delle abitudini, in cui stiamo procedendo come umanità, verso l’integrazione dei ruoli, in un equilibrio dinamico, poiché quasi mai realmente completo, o raggiunto a costo di molte rinunce (come succede per i ruoli della donna nella difficile armonizzazione degli aspetti della vita).

Integrare i ruoli è possibile, gestendo la permeabilità tra la sfera pubblica e quella privata, se si riconosce la priorità dell’essere persona in qualunque momento della vita, se si riesce ad ampliare lo sguardo, in modo panoramico sulle realtà della propria esistenza e sugli ambiti della vita che sono in comunicazione tra di loro (H. Hermans), all’interno della personalità. È la personalità che influenza i ruoli e da questi essa può attingere per generare nuove modalità di interpretazione e di espressione del sé: in tal modo si può completare un lavoro a casa, prima di uscire, fare sport a lavoro, pranzare con gli amici nella pausa pranzo e accompagnare i figli nei momenti di vita privata, nel loro percorso di accudimento e di presenza psicologica fatta di dialogo, di ascolto, di introspezione e scoperta reciproca. Questo aumenta i benefici in tutti i campi e le attività, poiché garantisce l’apporto di tutte le competenze della persona oltre che del suo ruolo specifico. Un continuo travaso di competenze umane e professionali.

Prendersi cura assicurandosi solo di rispondere ai bisogni materiali di accudimento è un’illusione di intimità famigliare. Ciò che rimane per sempre, invece e che viene anche introiettato nel sé e nell’identità, è l’amore donato e ricevuto, lo scambio di pensieri e parole, di sguardi; l’intonazione dei toni di voce, le vibrazioni dei contatti, le energie del corpo, le emozioni e i sentimenti che le percezioni e le sensazioni procurano tra le persone. E per fare questo, per accompagnarsi nel viaggio e nel cammino della vita, servono anche tempo e dedizione, intelligenza emotiva, autenticità e spazio per sé e per le relazioni. Organizzare il proprio vivere intorno all’essere significa pensare e agire da protagonisti del proprio tempo, da cui può provenire lo stare bene (il benessere), aumentando il desiderio e la motivazione di voler guardare al presente e al futuro con fiducia e con la speranza di una storia che prosegue e trascende l’uomo e la donna, in un continuum che è costruzione di un’alternanza sostenibile verso un bene comune. È necessaria una nuova motivazione per la natalità: vivere in armonia con i propri bisogni, sostenuti da una cultura per la vita e per le relazioni. La sfida è nelle mani di tutti noi, persone e organizzazioni.

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