L’articolazione del sistema bancario italiano, nell’ottica di un «pluralismo consolidato», rappresenta una realtà che si è sempre più rafforzata ed ha conferito al sistema un assetto ben definito; il tutto, in una prospettiva concorrenziale. Tale sistema ha funzionato e pare funzioni ancora oggi.
Ciò posto, va anche detto che il processo di concentrazione bancaria in atto ed in fieri, pur riducendo naturalmente il numero degli istituti di credito, implica comunque una razionalizzazione dei servizi ed una potenziale riduzione dei costi, tale da poter rendere più efficiente l’attività di consulenza e di credito.
Per contro, la succitata aggregazione non deve colpire quel rapporto con la clientela che, sebbene tecnico, ha inevitabili implicazioni sociali; ci si riferisce alla reciproca collaborazione banca- clientela, caratterizzata anche da numerosi e continui «incontri» costruttivi, confronti, discussioni, proposte utili a creare valori economici che possano giovare ad entrambi gli interlocutori.
Nel Mezzogiorno, invece, il sottosistema delle BCC, assai sviluppato anche in tutto il Paese, appare, ad oggi, quello più idoneo al sostegno delle piccole e medie imprese. Orbene, un inusitato aumento del numero degli istituti di credito non può trovare, di per sé, una chiara giustificazione. Ed infatti, prima che del numero, infatti, si dovrebbe discutere dell’attività bancaria a rendersi nella citata prospettiva sociale.
Tutto ciò premesso, in sintesi, si può osservare che occorrerebbe procedere ad una razionalizzazione del sistema bancario dando la possibilità di un duraturo sviluppo al credito cooperativo (BCC) come punto di riferimento per le PMI. Rendere, poi, più efficienti i poli bancari costituiti da grandi gruppi al servizio di imprese, famiglie, individui attraverso un sistema che, nonostante le aggregazioni, assicuri la concorrenza.
Queste brevi considerazioni riflettono il futuro delle banche operanti nei periodi attuali, caratterizzati da forti ed imprevedibili turbolenze e da fattori non certamente positivi che incidono sulla loro regolarità operativa: nel futuro, il sistema bancario dovrebbe essere continuamente ristrutturato, rendendolo sempre più idoneo a fronteggiare le crisi spesso inaspettate (che abbiamo purtroppo imparato a conoscere).
Occorrerebbe infine svolgere una pregnante attività proattiva, facendo ricorso alla cultura: cultura vuoi economica e finanziaria, vuoi di base. Solo l’investimento nella cultura può aiutare ad avere la percezione effettiva dei fenomeni, al fine di prevenire le difficoltà, affrontare le potenziali crisi e rivolgere l’attività verso uno sviluppo positivo e naturale.
Ne deriva che, a fronte di una ristrutturazione aggregativa del sistema bancario (che, di per sé, rappresenta un modello positivo e proiettato all’ottimizzazione dell’attività e dei costi), lo sviluppo sociale può avvenire, sempre sotto un ombrello di strutturata concorrenza, solo grazie all’investimento generalizzato sulla cultura.
Come si vede, nell’ambito dei recenti mutamenti di natura organizzativa decisamente messi in atto dal sistema bancario italiano nell’ultimo decennio, le banche hanno dato rilevanza notevole alle «risorse umane», sia sotto il profilo qualitativo che sotto quello quantitativo, dando luogo ad una evoluzione crescente, rapida, intensa, tecnologica (che ha contribuito significativamente alla ricerca di nuovi efficaci modelli di business; si veda R. Ruozi, P. Ferrari, Banche e risorse umane. Un rapporto che va ripensato, «Economia & Management» n.4/2021, pag. 97) e sociale.
Ci si auspica, quindi, che, in continuità, si prosegua in tal senso anche - e specialmente - con investimenti sulle persone e sulla loro cultura.