Nei giorni in cui Samantha Cristoforetti diventa la prima donna europea comandante della Stazione Spaziale Internazionale si aprono nuove prospettive per il Paese e per la Puglia nella space economy. A giorni, infatti, si chiuderà il bando per la realizzazione dello spazioporto di Grottaglie, una delle infrastrutture-cardine per lo sviluppo di questo settore, nonché primo spazioporto riconosciuto dal ministero e sottoposto a regolamentazione Enac. Sono poi in fase di assegnazione i fondi PNRR (880 milioni) dell’Agenzia Spaziale destinati a progetti ad alto contenuto tecnologico per sostenere la competitività italiana.
L’Italia vanta da anni una posizione di leadership nel settore aerospaziale. È il sesto Paese nel mondo per spese spaziali in relazione al PIL; con 680 milioni di euro è il terzo contribuente dell’ESA, l’European Space Agency, ed è i nove Paesi al mondo aventi un’agenzia spaziale e un budget di circa un miliardo di euro. Una posizione che viene da lontano, almeno da quando, nel 1964, con il progetto San Marco, il nostro Paese fu tra i primi al mondo a mettere in orbita un satellite artificiale.
Che cos’è la «space economy»? Nella pagina dedicata, il Ministero dello Sviluppo economico la definisce come «la catena del valore che, partendo dalla ricerca, sviluppo e realizzazione delle infrastrutture spaziali abilitanti arriva fino alla generazione di prodotti e servizi innovativi “abilitati” (servizi di telecomunicazioni, di navigazione e posizionamento, di monitoraggio ambientale previsione meteo, ecc)». È insomma, una delle più promettenti direttrici mondiali di innovazione e sviluppo dei prossimi decenni, che ha già prodotto conseguenze pratiche sulla vita di ogni giorno.
Tra le regioni italiane di maggior rilievo per la Space Economy vi è la Puglia, che nell’ultimo decennio ha generato investimenti nel settore per circa un miliardo di euro, di cui 600 milioni per la ricerca industriale e lo sviluppo sperimentale, attraverso manovre che hanno coinvolto dalle grandi aziende alle microimprese, alle start up innovative. I risultati di tali provvedimenti hanno generato in pochi anni un tessuto imprenditoriale di 540 imprese che occupano complessivamente circa 8 mila addetti. Il settore è in continua espansione: nel 2020 la Puglia ha avuto l’onore di aprire la Space Week per il Padiglione Italia alla Dubai Expo 2020 e nemmeno la pandemia ha interrotto questo circolo virtuoso di crescita.
Anzi, la situazione di crisi dovuta agli effetti della pandemia, assieme alle conseguenze della guerra di Ucraina e alla necessità di attenuare gli effetti dei mutamenti climatici sta rendendo la space economy sempre più un fattore decisivo di trasformazione. Gli UnmannedAerial Systems (UAS), chiamati comunemente «droni», rappresentano una soluzione di cui si faticano vedere limiti alle potenzialità. La dipendenza degli attuali sistemi di comunicazione dai satelliti non potrà, poi, nel futuro, che crescere, come testimonia la corsa da parte di qualsiasi Paese, anche quelli in via di sviluppo, a dotarsi autonomamente di tali infrastrutture ormai indispensabili. Ma l’industria dei satelliti richiede una maturità tecnologica e industriale avanzatissima: da qui gli spazi enormi di export che si aprono alle imprese nostrane.
Con riferimento all’Unione Europea, con il Trattato di Lisbona del 2009 lo spazio ha assunto un ruolo di particolare importanza tra le politiche dell’Unione Europea, che si è dotata di una politica spaziale europea (art. 189 TFUE). Questa mira a combattere il cambiamento climatico, contribuire a stimolare l’innovazione tecnologica e fornire vantaggi socioeconomici ai cittadini attraverso tre programmi spaziali faro: Copernicus, il sistema di osservazione della Terra più avanzato a livello mondiale; Galileo, il sistema di navigazione satellitare dell’Europa; EGNOS, che fornisce in gran parte d’Europa servizi di navigazione agli utenti di trasporto aereo, marittimo e terrestre. Nel periodo 2014-2020 l’Unione Europea ha investito oltre 12 miliardi di euro in attività spaziali con un utile diretto stimato di 3-4 euro per ogni euro stanziato (fonte: 13ma Conferenza Politica Spaziale Europea).
I fondi del PNRR dovranno cominciare a produrre i loro frutti dal primo semestre 2023: c’è quindi di attendersi, e augurarsi, un nuovo balzo in avanti della space economy, che non rappresenta più una potenzialità futura ma un presente ben piantato per terra.