«Il Potere, spiegava a Santina, è degradante per chi lo subisce, per chi lo esercita e per chi lo amministra! Il Potere è la lebbra del mondo! E la faccia umana, che guarda in alto e dovrebbe rispecchiare lo splendore dei cieli, tutte le facce umane invece dalla prima all'ultima sono deturpate da una simile fisionomia lebbrosa! Una pietra, un chilo di merda saranno sempre più rispettabili di un uomo, finché il genere umano sarà impestato dal Potere…». Così Elsa Morante scrive ne «La Storia», il romanzo in cui svela la sua severa visione di un mondo senza pietas, dove è la brama di potere a muovere gli uomini alla guerra. La Storia è uno scandalo che dura da diecimila anni, pregna di misfatti e Male, oscena fin dal principio. La Storia è cieca, immutabile, anaffettiva, non cammina nel Tempo alla ricerca del Bene, non obbedisce ad una legge superiore di progresso, né in essa vedremo mai l’incursione della Provvidenza ma si sostanzia di gravi ingiustizie, prevaricazioni, follie omicide destinate a travolgere i più deboli e indifesi.
E chi più dei bambini viene devastato dall’orrore di una guerra? La letteratura del Novecento ha raccontato lo spavento, la solitudine, la fame ma anche il coraggio dei bambini dentro la guerra forse perché uno scrittore sa che i bambini che hanno visto la guerra sono la sola speranza di pace. L’Europa non pensava che qualcosa o qualcuno ci avrebbe trascinati di nuovo in un incubo, precipitati in una guerra disperata; rinchiusa in una pace che ci rassicurava, era ed è tuttavia circondata da paesi in fiamme, da moltitudini sofferenti che lasciano i loro paesi martoriati da conflitti insolubili in cerca di pace e vita trovando però assai spesso la morte proprio lungo i viaggi per arrivare a noi che viviamo solo per caso nella metà felice del mondo. Oggi possiamo contare decine di focolai di guerra. Yemen, Afghanistan, Siria, Etiopia sono teatro di morte da anni e milioni di bambini subiscono una sorte angosciosa decisa dal narcisismo dei potenti, e che li fa vivere tra le bombe e nel sangue. Non arriva da troppo lontano il grido del dolore dell’infanzia travolta da questi eccidi eppure non lo sentiamo. Lasciamo che ad occuparsi dei bambini più affamati e soli della terra, di quelli feriti e mutilati, degli orfani intrappolati nelle guerre siano le associazioni umanitarie che si caricano ogni giorno dell’insostenibile peso di una croce dolorosissima, nella nostra quasi totale e colpevole indifferenza. Il conflitto in Ucraina che da più di 50 giorni uccide migliaia di civili inermi, in una barbarie che ci indigna e ci scuote ci sta drammaticamente aiutando a percepire la guerra come qualcosa di vicino, che ci appartiene, “un fatto” da cui abbiamo sbagliato a crederci in salvo. Assistere al quotidiano massacro di donne, bambini e anziani, vedere ospedali e scuole bombardati ci paralizza e facciamo i conti con la nostra impotenza protestando nelle piazze, sui giornali, nelle televisioni accusando l’aggressore e offrendo solidarietà agli aggrediti. Ma non basta. La popolazione ucraina già tanto provata da anni di tensione e solitudine politica ed economica non ha forze e risorse necessarie per resistere non tanto alla guerra da cui prova strenuamente a difendersi ma alle conseguenze che questa come ogni guerra impone.
Dal 1996 in Ucraina è presente con tutto il suo prezioso sostegno l’Unicef che nasce 75 anni fa proprio dalla volontà condivisa di chi comprese l’urgenza di raccogliere, abbracciandolo, il dolore dell’infanzia oppressa dalla seconda guerra mondiale. L’Unicef da 75 anni ci obbliga con il suo lavoro, con la sua etica a considerare i bisogni e i diritti dei bambini una emergenza cui rispondere, cui porre rimedio. In Ucraina l’Unicef è presente in tutte le città sotto assedio: medici, infermieri, psicologi sono in questo momento punto di riferimento per migliaia di ucraini sradicati dal proprio destino e al centro di scontri che disperiamo possano finire presto. Mariupol, completamente sventrata, è ora un deserto di macerie: la città ucraina è una nuova Aleppo come ha dichiarato Andrea Iacomini portavoce dell’Unicef Italia che instancabilmente cerca con le sue testimonianze e i suoi appelli di sensibilizzare chi ancora non «vede» la miseria e le atrocità di ogni conflitto che si consuma sotto i nostri occhi e che condannano ogni bambino. Ci sono 3 milioni di bambini a cui deve giungere immediatamente assistenza umanitaria, in fuga, soli con un nome e una data di nascita scritta sulla schiena con un pennarello dalle loro mamme che hanno paura di morire mentre attraversano il confine lasciando i propri figli senza una identità. L’Unicef ha attivato procedure di aiuti d’emergenza, ha potenziato i suoi interventi sul campo soprattutto nel Donetsk e Luhansk.
Dalla Polonia e dalla Romania i volontari dell’Unicef hanno fatto sì che giungessero in situazioni di estremo pericolo e difficoltà forniture di aiuti: acqua, sapone, pannolini, coperte, giocattoli e tutto quanto potesse offrire protezione per famiglie e bambini. Ma in Ucraina ora, come era prevedibile, si aggravano le epidemie di polio, morbillo e contro il Covid-19 è vaccinato solo il 37% della popolazione; a questa emergenza nell’emergenza l’Unicef sta rispondendo con una eccezionale distribuzione di vaccini. La guerra è l’Inferno su questa terra e nei giorni in cui la Cristianità rivive, rievocandola nel rito della settimana santa, la passione di Cristo, è difficile credere che Dio possa e voglia risorgere se anche un solo bambino sta morendo in una delle tante guerre nel mondo.