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Claudio Foscarini gioca Bari-Cittadella: «E' giusto che si guardi verso l’alto»

 
pierpaolo paterno

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pierpaolo paterno

Claudio Foscarini gioca Bari-Cittadella: «E' giusto che si guardi verso l’alto»

L'ex allenatore dei veneti scopre le carte del prossimo match del San Nicola.: Longo mi piace, ha una squadra che vale largamente i playoff»

Sabato 23 Novembre 2024, 14:01

BARI - Bari-Cittadella nel segno di Claudio Foscarini. Trevigiano classe ‘58, l’ex allenatore dei veneti scopre le carte del prossimo match del San Nicola. Quattro giorni fa ha festeggiato 66 anni, compleanno nel segno della maturità personale e professionale. Tanta roba per l’ex centrocampista dell’Atalanta primi anni Ottanta che - numeri alla mano - ha scritto la storia del club padovano trascorrendo ben dieci anni in panchina del 2005 al 2015. Parentesi allungabile di due anni se si mettono in conto due anni precedenti alla guida delle giovanili. Nel grande slam, nel 2008 porta il Cittadella dalla C1 alla promozione in B. Nella stagione successiva arriva la semifinale playoff persa contro il Brescia. Di record in record, arriva lo score delle 294 panchine in B con la stessa squadra. Esperienza terminata il 22 maggio 2015 dopo la sconfitta contro il Perugia e la retrocessione dopo sette anni di cadetteria.

Foscarini, dopo dieci anni alla guida della prima squadra, il suo nome è legato a quello del Cittadella in maniera indissolubile. Cosa rappresenta per lei oggi il club veneto?

«Tantissimo. Sono in contatto con Gorini, esonerato poche settimane fa e mio ex giocatore e secondo, e col ds Stefano Marchetti. Dal Cittadella ho ricevuto molto sul piano professionale e umano».

Dopo Cittadella, ha rimpiazzato Novellino ad Avellino, Bisoli a Padova e Biava all’Albinoleffe. Le è mancata la possibilità di costruire qualcosa di suo sin dall’inizio. Un limite per un allenatore ambizioso come lei.

«Quando subentri non è mai facile. Ti devi adattare a tante situazioni. Mi sono tolto comunque delle soddisfazioni. Soprattutto ad Avellino, con una bella salvezza raggiunta. Se non fosse fallita la società, ci sarei rimasto volentieri».

Lei è senz’altro un profondo conoscitore della serie B. Che idea si è fatto di quella di quest’anno?

«Non vedo partite spettacolari come mi aspetterei, per quanto si curino parecchio il lato estetico e la buona prestazione che portano al risultato. Non sempre si riesce. Ma la B è sempre intrigante. Le sorprese sono dietro l’angolo. Vedi il Pisa capolista. Un campionato imprevedibile e per questo di grande interesse».

A parte le prime tre della classe, la classifica è molto corta e le distanze ravvicinate. È vero che tutto cambia dal mercato di gennaio e che, sia in testa che in coda, i giochi si decidono dalla primavera in poi?

«Ogni anno le situazioni cambiano. Il mercato può stravolgere gli equilibri. Ma le partenze forti di Pisa, Sassuolo e Spezia mi fanno pensare che abbiano un passo e una mentalità vincenti. Come valori tecnici, anche la Cremonese ha dei valori nonostante abbia cambiato due allenatori. Ammiro D’Angelo, uno che parla poco e fa i fatti. Le prime tre hanno pochi fronzoli. Credo arriveranno sino in fondo. Le altre possono recuperare, a patto che facciano benissimo con continuità».

Il Bari si ritrova in una zona medio alta grazie ad undici risultati utili consecutivi. Il Cittadella, che ha cambiato mister Gorini con Dal Canto, è penultimo. Per entrambe, la priorità è salvarsi. Ambizioni in linea con le aspettative delle piazze?

«Assolutamente no, soprattutto per Bari. Grandi piazze così, a prescindere dai valori, pensi sempre che debbano sempre competere per le prime posizioni. Il Bari sta disputando un buon campionato. Ammiro Longo, l’ho incontrato ai tempi del Frosinone. Garantisce equilibrio alla squadra, però dopo tanti pareggi servirebbe il salto di qualità. La rosa è buona, ma manca un pizzico per cambiare rotta. Parlare di salvezza è riduttivo. Per l’organico si può ambire ai playoff, inserendosi anche in posizioni importanti. Manca un quid mentale, l’avere più coraggio».

Negli ultimi due anni lei ha fatto giocare le sue squadre col 3-5-2, il modulo utilizzato anche da Longo e Dal Canto. Ci spiega pregi e difetti di questa veste tattica?

«Dal Canto è alla ricerca della compattezza. A Cittadella ci credono. Basta poco per riprendersi, anche un paio di vittorie importanti. Io preferisco giocare con la difesa a quattro, spesso col rombo in mezzo. Per il 3-5-2 servono ali che saltano l’uomo e abbiano uno spirito garibaldino. Altrimenti, il gioco diventa statico, abbassando il centrocampo senza essere propositivi. Falletti? Io stravedo per lui. A Terni ha fatto cose assurde per la B».

Conosce Moreno Longo e Alessandro Dal Canto?

«Longo l’ho sempre ammirato e rispettato. Le sue squadre sono attente e disciplinate. Lavora senza grandi enfasi, con umiltà. Amo allenatori del genere. Il calcio ha bisogno di persone così che, per quello che fanno, meriterebbero maggiori gratificazioni da parte di chi gestisce e prende decisioni. Dal Canto non lo conosco. Vedo che al momento non ha dato la scossa dopo il cambio. Non facile per Cittadella dove si sono cambiati quattro allenatori in venti anni».

Il Bari in casa ha conquistato solo 8 punti su 21. Il Cittadella fuori casa ne ha ottenuti nove sui dodici totali. Tra le due chi rischia di più domenica?

«La partita sarà importantissima per entrambe. Per il Bari, chiamato al salto di qualità. Può essere l’occasione giusta. Anche per il Cittadella lo sarà, rischiando di più. Penso che, al momento, i veneti siano la squadra di B che si esprima meglio in trasferta. Vedi quanto fatto a Palermo. Immagino che domenica a Bari replicherà quella partita».

Ha qualche ricordo allo stadio San Nicola?

«È sempre stata dura giocare a Bari. Le partite più interessanti sono state quelle contro i biancorossi di Conte. Si studiava il modo per fermare gli esterni che rifornivano le due punte interscambiabili tra loro. Il più delle volte non si riusciva, visti i grandi calciatori in rosa. Per non parlare del pubblico, tanto caldo e numeroso ti condiziona e ti stimola. Realtà così ti permettono di dare un senso e completare la tua esperienza in carriera. Misurarsi in piazze come Bari ti fa sentire un allenatore di serie A».

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