BARI - Il fuoco sotto la cenere scalda i motori di Bari e Salernitana che domenica si sfideranno all’«Arechi» a caccia di un successo in grado di riabilitare classifica e umore di due formazioni senza ancora una precisa identità. Riscontro che sottolinea e condivide l’ex centrocampista dei biancorossi Pietro Maiellaro. L’analisi dell’attuale allenatore foggiano sui galletti riparte dai recenti pareggi contro Carrarese e Reggiana.
Maiellaro, ha visto le ultime due partite giocate dai biancorossi?
«Ho analizzato gli highlights. Commentiamo due pareggi da evitare assolutamente. Il calcio è imprevedibile, ma da fare sei punti te ne ritrovi appena due. Non è bello, la gente non è contenta. L’unico aspetto positivo è che in settimana ti alleni in maniera più serena rispetto a quando si perde. È poco. Occorre più personalità. Non scaricherei le responsabilità su Longo. I giocatori devono essere intelligenti. Se vinci 2-0 a 10’ dalla fine contro una squadra con problemi, non può un gol mandarti in panico. Sino a rischiare persino di perdere. La pareggite sembra una febbre incurabile».
A che punto vede il percorso di crescita del Bari che Longo invoca dall’inizio del campionato?
«Quando la squadra gioca, si nota la mano dell’allenatore. Sembra un Bari fatto bene. Restano, però, i momenti di distrazione mentale. Col passare del tempo, emergono delle fragilità. Bisogna fare attenzione per non rendere il tutto più problematico a livello di classifica».
Una squadra che pareggia otto volte su dodici, vincendone due e perdendone altrettante, a quale stagione può ambire?
«La stagione può ancora aprirsi, a patto che cambi il trend. Se non vinci, il campionato da anonimo diventa da paura. A Salerno, per esempio, il Bari è atteso da una partita molto importante. Al di là dell’amicizia tra le tifoserie, in campo sarà partita vera e complicata».
L’impressione è che ci sia qualcosa di incompiuto. Si gioca bene, ma non si riesce a vincere.
«L’incompiuto è il calciatore, qualcuno di importante sulla carta che sta rendendo meno delle potenzialità. Ce ne sono quattro cinque davanti molto forti che potrebbero rendere di più. Non so cosa passi per la testa. La paura non fa bene. Vuol dire che non leggono bene le partite e a livello motivazionale c’è qualcosa da risolvere. Spero in fretta. In questo dovrà essere bravo Longo che, ripeto, non ha grandi responsabilità. Col senno di poi, forse contro la Reggiana si poteva evitare l’innesto di un Maiello non in condizione. Ma, in generale, se stai vincendo 2-0 devi anche avere il coraggio di commettere qualche falletto tattico o tirare la palla in tribuna. Sei a metà classifica e dovresti essere tranquillo nella gestione mentale del match».
Bari e Salernitana sono divise in classifica da un solo punto e hanno anche segnato appena tredici gol. Forse pochi per sognare in grande, considerando che i biancorossi ne hanno subiti undici e i granata sedici.
«Sono gemelle in tutto. Aspettiamoci una partita aperta. I granata hanno delle qualità e non sarà semplice affrontarli».
A Salerno si prevede un esodo di oltre quattromila baresi. Per la squadra, un carico di responsabilità maggiore.
«Mi auguro che i calciatori si carichino a mille. Tutta questa gente al seguito va lodata e premiata con un risultato positivo».
Ha mai giocato all’«Arechi»? Che campo e che ambiente troverà il Bari?
«Si, anche al vecchio stadio. Ogni campo ha una storia. La differenza la farà la personalità della squadra. Se hai timore di giocare, rischi di perdere ovunque».
Questa storia del gemellaggio tra le tifoserie potrebbe distogliere dalle necessità delle due squadre di tornare alla vittoria. I campani non vincono da sei turni (6 ottobre, 1-0 a Palermo). Il Bari da sette (3-0 a Frosinone).
«Tutti i numeri dicono che sono due sorelle. Se l’annata sta andando così, vuol dire che problemi ce ne sono. Ne gioverà chi li risolverà prima. Spero il Bari».
A Salerno, Iervolino è ancora proprietario del club dopo essersi dimesso da presidente. A Bari, la tifoseria è in rotta con De Laurentiis. Crede alle ripercussioni sul rendimento della squadra?
«Alla lunga, quando il padrone non c’è o è come se fosse assente, è normale che lo spogliatoio ne risenta. La vicinanza di figure dirigenziali può aiutare moltissimo».
















