BARI - Centodue presenze e nove gol, di cui otto nella stagione di B 1984/85 culminata con la promozione in A. Alberto Bergossi, attaccante classe ‘59 vecchio stampo, approdò a Bari sponda Avellino nell’anno del ritorno nella massima categoria dei galletti. Una scalata fatta più di prestazioni memorabili che di capitale realizzativo fino al campionato ‘88/89 con l’intermezzo della parentesi in C2 a Forlì. Non bomber prolifico per quanto - a quarant’anni dalla militanza in biancorosso - nel capoluogo pugliese sia ancora ricordato per il suo gol del 2-0 finale nel derby del 30 novembre 1984 al «Della Vittoria» contro il Lecce: un dribbling ubriacante di quaranta metri a bruciare quattro avversari e portiere leccese.
Oggi avvocato e procuratore calcistico, Bergossi mastica ancora calcio con l’esperienza e la sapienza del veterano. Intercettato in quel di Cesenatico, si concede ad una chiacchierata sull’attuale stato di salute del «suo» ex Bari dopo averlo visto direttamente all’opera venerdì sera al Braglia di Modena.
Bergossi, immaginiamo stia seguendo il campionato di B appena iniziato. Che idea si è fatto dopo le prime due giornate?
«La favorita numero uno è la Sampdoria, per dotazione tecnica ed un’attrezzatura di valore. Poi, ce ne sono altre cinque, sei che possono puntare in alto. Come la Cremonese, il Pisa e il Palermo».
Quanto si informa delle vicende del Bari? Sappiamo che è sempre molto legato ai colori biancorossi.
«Il Bari non è collocato in prima fascia, ma dovrebbe lottare per il centro classifica. Non ha la squadra per primeggiare, per quanto la B sia strana e riservi sempre delle sorprese. Dipende molto dall’affiatamento del gruppo. Moreno Longo deve creare l’intesa necessaria. Si è partiti male».
Anche se a distanza ma da esperto del settore, si è fatto un’idea del valore tecnico della squadra?
«Ho visto il Bari a Modena. In generale, non mi è piaciuto. Non ho visto l’atteggiamento giusto e aggressivo che deve avere una squadra di B che punti ad un campionato importante. A centrocampo non c’è qualità. E anche davanti manca qualcosa. Di solito, intervenire negli ultimi giorni mercato non risolve i problemi. Se hanno preso certi giocatori, immagino li abbiano seguiti».
Nell’attuale serie B giocano Bari, Palermo e Mantova. Tre squadre nelle quali ha militato come calciatore. Non sono partite benissimo. Pugliesi e siciliani sono fermi a zero punti. Cosa dice e per chi batte il suo cuore?
«A Bari sono stato diversi anni e sono molto affezionato alla città. Deve tornare in A, la categoria più adatta a tifoseria, stadio e indotto generale. Resto sempre tifoso del Bari. Il primo risultato che vedo il fine settimana è quello dei biancorossi».
Tra pochi giorni si chiude il calciomercato. La squadra di Longo andrebbe completata in tutti i reparti. Quanto può essere rischioso iniziare il campionato facendosi trovare, diciamo così, impreparati?
«La storia della B insegna che si rischia di retrocedere o salire nel giro di pochi punti. La stagione è lunga e stressante. Le vicissitudini sono dietro l’angolo. Il Bari deve stare attento. L’ambiente deve restare unito, tutti devono cercare di dare una mano. È prioritario mettere a posto la questione societaria».
Cosa ne pensa della multiproprietà nel calcio? I tifosi del Bari non intravedono una prospettiva di crescita per le norme che la regolano considerando che la Filmauro è prima e soprattutto la società a capo del Napoli.
«Non sono del tutto contrario, purché le cose si facciano in una certa maniera. Calcisticamente parlando, Bari non può essere considerata una succursale del Napoli. Su questo non ci piove. La famiglia De Laurentiis deve occuparsi del Bari con lo stesso impegno e sforzo con cui si occupa del Napoli. Non credo che sottovalutino la questione. Bisogna formare una squadra in cui ci siano giocatori con personalità. Non tutti possono giocare a Bari. Una realtà che trasmette una certa pressione. Giocare altrove è come praticare un altro sport. Lo dico da un punto di vista caratteriale. Oltre che il lato tecnico e fisico, guarderei per primo a questo aspetto».
Quasi tutti i tesserati biancorossi arrivano a Bari con la formula del prestito. Una clausola che non fa impazzire i tifosi, timorosi che venga meno il senso di appartenenza alla maglia. A chi giova questa modalità contrattuale?
«Dal punto di vista aziendalistico, prendere giocatori solo in prestito fa risparmiare i soldi del cartellino. Non giova al Bari. Se, però, si inserisce il diritto di riscatto ci sono margini per valorizzare. Se non ci fosse stato il Napoli, si sarebbero fatte maggiori plusvalenze per rinforzare di più il Bari. Voglio vedere il bicchiere mezzo pieno. Non credo che i De Laurentiis non vogliano il bene della società e della città. Andrebbero tuttavia fatte squadre importanti per giocarsi i primi posti in B».
Come procuratore Tmp Soccer, ne ha visti e ne vede di calciatori tra professionisti e giovani promesse. La proprietà del Bari insiste sempre sul tasto della sostenibilità. Cosa significa veramente e quanto conta l’area scouting per una società professionistica che vuole capitalizzare le proprie risorse?
«L’area scouting è fondamentale. Durante la stagione, occorrono almeno quattro persone che sotto l’impulso del ds e dello staff tecnico vadano a cercare gli elementi utili alla causa. Bisogna girare in Italia per la B e in Europa per la A. Sulla sostenibilità penso che una società debba fare il passo lungo secondo la gamba. Non sopporto quelle che falliscono. E credo che la Ssc Bari rientri in una politica giusta. Risparmio, però, senza esagerare. Il Bari non può non prendere pezzi importanti per la categoria. Da tifoso, mi piacerebbe che tutte le componenti remassero dalla stessa parte. Mi sembra che non sia così. La contestazione alla società può ripercuotersi sui giocatori, in particolare quelli che non hanno la forza di reggere queste situazioni. Urgono delle soluzioni».
Ha un messaggio per i tifosi del Bari?
«Se fossi a Bari, andrei sempre allo stadio. Non mi privo della partita, anche dicendo la mia opinione. La diserzione non la condivido, per quanto capisca chi sia stanco e demotivato. Il Bari va incitato, bisogna stargli vicino. Secondo me, entro un anno le cose cambieranno. I De Laurentiis non possono proseguire lavorando in questo clima ostile».