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Il direttore sportivo Angelozzi si fa in quattro: «Due giorni di emozioni»

 
davide lattanzi (foto DOnato fasano)

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davide lattanzi (foto DOnato fasano)

Il direttore sportivo Angelozzi si fa in quattro «Due giorni di emozioni»

«Bari, Lecce, Spezia e Frosinone: grandi che mi hanno rubato il cuore». Fra domani e sabato in B e in A si incrociano squadre che hanno lasciato un segno nella vita del Ds

Giovedì 14 Dicembre 2023, 12:41

14:52

BARI - I calendari di serie A e B gli hanno dedicato un intero weekend. Domani alle 20.30 Spezia-Bari, sabato alle 15 Lecce-Frosinone: 14 anni della lunga carriera di Guido Angelozzi riassunte in meno di 24 ore, da due match delicatissimi per i colori che ha difeso e tuttora rappresenta. La formazione salentina ha rappresentato la prima volta in serie A per il manager siciliano, dopo una dura gavetta che, una volta smessi i panni di calciatore ed indossati quelli da dirigente, lo ha visto da Leonzio (1991-93) ad Andria (1993-99), da Reggio Emilia (1999-2000) alla «sua» Catania (2001-02 e 2003-04), dalla Sambenedettese (2002-03) al Perugia (2004-05). Quattro stagioni ha trascorso nel club salentino (dal 2005 al 2009), misurandosi due volte nel massimo palcoscenico e ottenendo una promozione dalla B alla A.

Quindi il passaggio al Bari nel 2010, in piena bufera causata dalla fine dell’era Matarrese, con la massima categoria perduta nel 2011 e sfiorata nel 2014 al culmine di un campionato finito sui libri e nella sale cinematografiche («La meravigliosa stagione fallimentare»). Quindi, la doppia parentesi allo Spezia (intervallata da tre anni al Sassuolo) con un’altra promozione in A in piena pandemia e l’approdo finale al Frosinone, trascinato in A, di cui oggi è direttore dell’area tecnico-operativa. Tra ricordi e attualità, ecco come Angelozzi vive la «sua» maratona molto speciale.

Direttore, il calendario le ha fatto un «omaggio»?

«È bello pensare che il pallone con questi incontri così significativi della mia vita sportiva abbia un po’ voluto ricordarsi di me. Si incontrano quattro squadre che porto dentro: il comune denominatore è la soddisfazione di aver potuto lavorare seguendo le mie idee e soprattutto restando sempre leale. Ma questo non è dipeso soltanto da me: devo tanto alle proprietà che mi hanno dato fiducia, agli allenatori, ai calciatori. Il direttore sportivo è una figura che può risultare preziosa soltanto se tutte le componenti funzionano. Anche perché il mercato è imprevedibile: quello che pensi in un modo, può rivelarsi all’opposto. Un progetto, invece, si costruisce sulla quotidianità, sull’essere vicino alle esigenze di ogni singolo, sull’attenzione al dettaglio».

Proviamo a ripercorrere le quattro tappe in ordine: che cosa ha rappresentato Lecce?

«Il primo confronto con il grande calcio, la possibilità di lavorare con la famiglia Semeraro, ormai inserita ad alto livello nel panorama italiano, ma anche la responsabilità di ereditare il ruolo di una persona che per me è sempre stato un riferimento: Pantaleo Corvino. Più di un amico, una vera fonte di ispirazione, nonchè il conforto di poter portare avanti un metodo, anche quando sembra impossibile».

Che cosa la avvicina in particolare a Corvino?

«Credere nei giovani. Il calcio deve restare un sogno: i ragazzi devono avere la possibilità di misurarsi ad alto livello, altrimenti come faranno a dimostrare le loro qualità? In Italia si parla tanto della necessità di coltivare i nostri talenti: è giusto che si facciano anche le ossa, ma se poi li portiamo in alto quando magari hanno già 25-26 anni e magari li bocciamo al primo insuccesso, come li aiutiamo? Io e Pantaleo condividiamo questo ideale, convinti che i giovani possano portarti entusiasmo, freschezza e soprattutto la “fame” di emergere. Per me la “linea verde” è una specie di malattia».

In questo turno sarete di fronte…

«La soddisfazione è sfidarci con una classifica che nessuno avrebbe immaginato: tutti ci davano per spacciati. Guai a pensare che non arriveranno momenti difficili, ma Lecce e Frosinone hanno dimostrato di potersela giocare con tutti. E sabato sono in ballo punti pesanti»”.

Seconda tappa: il Bari.

«Non me ne vorrà nessuno se dico che forse è stata l’esperienza più intensa. I drammi, in fondo, ti legano di più alle realtà che vivi. Per quattro anni non si è combattuto soltanto in campo, ma si sono fatti i salti mortali per salvare il patrimonio di una città. Già, perché questo è il Bari: un popolo dall’amore sconfinato. Non mi vergogno a dire che ho pianto quando il club è fallito nel 2018: come se tutti i nostri sforzi fossero finiti in fumo. E mi sono commosso anche l’11 giugno scorso: quel San Nicola che cantava con 60mila persone non meritava una beffa del genere, a 120 secondi dalla serie A».

Sembra che i biancorossi non si siano ancora ripresi da quel trauma.

«Per forza! È stato un evento incredibile nella sua unicità. Ma vi dico una cosa: il Bari è una squadra forte. Certo, a gennaio può servire qualcosa per colmare qualche infortunio grave, non preventivabile. Ma c’è tutto per riprendersi. La società e Polito hanno dimostrato di saper fare calcio: certo non hanno disimparato. Perciò, faccio appello alla città che è il vero valore aggiunto: state vicino alla squadra perché si può ancora lottare per la promozione”.

Terza tappa: lo Spezia.

«Piazza bellissima, tifoseria innamorata della squadra. Con la famiglia Volpi si è dato vita ad un progetto ambizioso culminato con la promozione. Oggi la proprietà è straniera, ma La Spezia è una città che va vissuta: forse la lontananza dei vertici può rappresentare un problema. Luca D’Angelo, però, è un tecnico di carattere: salverà i liguri. Il match con il Bari? Ad entrambe servono punti, sarà una gara tosta. I biancorossi hanno vinto soffrendo con il Sudtirol e a volte i punti strappati con il cuore sono quelli che generano le svolte».

E arriviamo al Frosinone…

«L’esperienza della maturità: sono grato al presidente Stirpe per aver assecondato le mie idee sempre, anche quando parevano azzardate. Ci stiamo guadagnando il rispetto di tutti in A, mettiamo in mostra i nostri gioielli e un domani il loro decollo magari aiuterà il club ad essere sempre più solido. Sono felice per Di Francesco che sta confermando le sue qualità: è stato con me al Perugia e al Sassuolo, mai avuto dubbi che avrebbe fatto bene. Onestà nei rapporti, passione e giovani. Ho 68 anni, ma con questi valori il calcio mi emoziona ancora come il primo giorno».

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