L’etica e il buon senso nel calcio e nello sport, rappresentano concetti che si poggiano su comportamenti non stabiliti da regole scritte. Viaggiano oltre. Oltre il risultato, oltre la classifica, oltre lo spettacolo. È vero, anche, che il calcio e lo sport in generale, diffondono il principio dell’uguaglianza e di pari opportunità, offrendo a tutti una possibilità di giocarsela, una possibilità di riscatto indipendentemente dall’etnia, cultura, religione, origine e colore.
Il senso del pudore prim’ancora delle ambizioni, l’integrità morale più forte della caccia al risultato. Dopo aver incenerito ogni record di pubblico possibile, i tifosi del Bari hanno dato un’altra, straordinaria, prova di attaccamento. Con ogni probabilità, è stata la loro ferma presa di posizione ad orientare l’esito del «caso» Manolo Portanova. Che sia stato un pensiero, quello di portare il centrocampista a Bari o, come sembra, una trattativa vicina alla conclusione, poco importa. Il popolo biancorosso in ogni caso aveva già emesso il verdetto: no all’eventuale arrivo del calciatore condannato lo scorso dicembre (dal Tribunale di Siena con rito abbreviato) a sei anni di carcere per violenza sessuale di gruppo su una studentessa. E forse proprio l’insurrezione dei baresi ha spinto una proprietà sensibile sul tema (lo scorso autunno è stato avviato un progetto rivolto ai tesserati per sensibilizzare sulla violenza di genere) a intervenire su un affare potenzialmente vantaggioso. Che, però, avrebbe dovuto in origine essere soppesato all’interno di un quadro generale e non soltanto tecnico tattico.
Portanova, fino al giudizio definitivo, è un uomo libero, abilitato a svolgere la professione di calciatore. E magari sarebbe stato un innesto di estremo valore per la rosa di Michele Mignani: una mezzala dotata di forza, intensità, corsa ed aggressività. Ma si sarebbe trattato comunque di una situazione limite. Di un caso che lo stesso Genoa ha trattato decidendo di non convocare più un suo patrimonio tecnico da quando è arrivata la prima sentenza.
C’è, poi, il lato puramente sportivo. E qui non possiamo condividere completamente la linea adottata sul mercato dal club biancorosso. In questo contesto oggettivamente c’entra poco Polito, ministro quasi senza portafogli o col portafogli quasi vuoto. Sono arrivati ragazzi promettenti, ma nessuno realmente pronto. Scommesse, gente di prospettiva, calciatori in cerca di rilancio. Il campo giudicherà. Ma di fronte all’ennesima dimostrazione di valori da parte della città, forse la famiglia De Laurentiis (comunque pronta a non incappare in un’evidente caduta di stile) avrebbe potuto rispondere con una maggiore disponibilità sul mercato. È mancato il colpo grosso. Il giocatore in grado di assicurare il salto di qualità. Che non significa la A assicurata, ma quanto meno la volontà di provarci, visto l’equilibrio che continua a regnare. Non è andata così. I De Laurentiis hanno deciso di non accompagnare la speranza di una intera città.
Ma questo si era capito. Mignani dovrà andare avanti così. Ma a Mignani e alla squadra va comunque un grande grazie per tutto ciò che fino a questo momento hanno fatto. E continueranno a fare. Con il massimo impegno e la massima serietà.