Giovedì 13 Novembre 2025 | 14:33

Torre S.Susanna: picchiata dal compagno denuncia, dopo il processo lui le offre 5mila euro e lei li dona a centro antiviolenza

Torre S.Susanna: picchiata dal compagno denuncia, dopo il processo lui le offre 5mila euro e lei li dona a centro antiviolenza

 
Fabiana Agnello

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Fabiana Agnello

Torre S.Susanna: picchiata dal compagno denuncia, dopo il processo lui le offre 5mila euro e lei li dona a centro antiviolenza

La donna, 40 anni, portava sulle spalle il peso di una relazione durata quattro anni, segnata da botte, umiliazioni e soprattutto da una violenza psicologica che l’ha consumata giorno dopo giorno

Giovedì 13 Novembre 2025, 13:19

Michela, nome di fantasia, ha 40 anni e porta sulle spalle il peso di una relazione durata quattro anni, segnata da botte, umiliazioni e soprattutto da una violenza psicologica che l’ha consumata giorno dopo giorno. «Ero diventata una larva - racconta - avevo imparato a fingere, a nascondere bene. Piangevo in bagno e poi uscivo come se nulla fosse, anche a lavoro». La svolta è arrivata una notte, quando dopo l’ennesima aggressione ha trovato la forza di recarsi al Pronto soccorso. Da lì, il passo verso la Questura: davanti agli agenti, un uomo e una donna, Michela ha aperto il cuore e ha raccontato non solo ciò che era accaduto quella notte, ma anche tutto quello che aveva subito negli anni precedenti. È scattato il codice rosso, con braccialetto elettronico e divieto di avvicinamento per l’uomo.

Il procedimento giudiziario, seguito dal pm Mauron Gallone, si è concluso con un patteggiamento: l’imputato ha chiesto una pena di 1 anno e 11 mesi di reclusione, sospesa, e ha offerto spontaneamente un assegno di 5 mila euro alla vittima. Michela, assistita dall’avvocato Michelangelo Chiarelli e costituitasi parte civile, ha deciso di trasformare quel denaro in un segno di speranza. Non lo ha tenuto per sé ma lo ha donato interamente al centro antiviolenza «Fiorediloto» di Torre Santa Susanna, il luogo che l’ha accolta e sostenuta nel percorso di rinascita. Grazie a quella somma, il centro potrà attivare corsi di formazione per le volontarie, donne che ogni giorno scelgono di affiancare chi vive situazioni di violenza, offrendo ascolto, supporto e strumenti concreti per uscire dal buio. «Il mio sacrificio possa essere utile a qualcun altro - afferma Michela -. La verità fa paura, ma è l’unica strada da percorrere per ritrovare la propria dignità», aggiunge la donna, che ha avuto due volte coraggio. La prima quando ha denunciato, la seconda quando si è costituita parte civile contro «l’uomo di ghiaccio».

Michela non si è mai vergognata di chiedere aiuto. Già due anni prima aveva iniziato un percorso con una psicologa, cercando di capire perché si sentisse sempre in colpa. Ma solo con l’appoggio del centro antiviolenza ha trovato la forza di uscire dal silenzio. Al Cav Fiorediloto ha intrapreso un cammino con una psicoterapeuta, riscoprendo sé stessa anche attraverso il disegno, un lavoro introspettivo che le ha permesso di far emergere la parte più autentica di sé, rimasta nascosta sotto strati di paura e vergogna. Un aspetto che Michela sottolinea con forza è l’importanza di non generalizzare: «Non tutti gli uomini sono così. Io ho trovato sostegno anche da ispettori uomini e dal mio avvocato. La loro sensibilità mi ha aiutata a fidarmi di nuovo». Ed è proprio qui che si apre una riflessione più ampia. Per legge regionale, i centri antiviolenza non accolgono figure professionali maschili tra i loro volontari. Una scelta pensata per tutelare le donne, ma che rischia di escludere competenze e sensibilità preziose. Michela, infatti, ha scelto di affidarsi a un avvocato uomo esterno, trovando in lui un sostegno fondamentale.

La sua esperienza solleva una domanda: forse la normativa dovrebbe essere rivista, perché la violenza non è una caratteristica di genere, ma un comportamento. Escludere a priori gli uomini significa non riconoscere che esistono figure maschili capaci di offrire ascolto, protezione e professionalità. La storia di Michela non è solo il racconto di una vittima, ma di una donna che ha scelto di trasformare il dolore in un gesto di solidarietà. Donando l’assegno al centro Fiorediloto ha voluto che la sua esperienza diventasse un seme di cambiamento, un aiuto concreto per altre donne che si troveranno a chiedere sostegno. Il denaro servirà a formare nuove volontarie affinché possano essere pronte ad accogliere, ascoltare e accompagnare chi vive situazioni di violenza. Ma il suo percorso apre anche un dibattito: la lotta alla violenza di genere ha bisogno di tutte le forze disponibili, uomini e donne insieme, perché solo così si può costruire una rete di fiducia e di vera rinascita.

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