Come mai il sindaco Pino Marchionna ha detto di aver appreso solo l’altro giorno dai giornali della sentenza sul maxi-sconto da oltre due milioni applicato al debito da 2,3 milioni di Giovanni Antonino verso il Comune, se dell’esistenza di questa sentenza era stato già avvisato il 31 maggio dal dirigente dell’Avvocatura civica comunale, che si era rimesso alla giunta per un eventuale reclamo poi mai presentato? Il sindaco, nella sua nota di chiarimenti, non ha risposto a questa domanda posta dalle opposizioni. O meglio, non in maniera diretta, dato che dalla sua nota si evince che la scelta di non opporsi alla sentenza del tribunale è stata compiuta scientemente, così smentendo - di fatto - la sua versione originaria sulla mancata conoscenza della sentenza. Marchionna ha infatti spiegato che non è stato proposto reclamo avverso la sentenza in quanto «il Comune, pur avendo esperito ogni tentativo per opporsi alla decisione assunta dal tribunale, non dispone di alcun elemento aggiuntivo e significativo tale da far prevedere una revisione del giudizio con una sia pur minima percentuale di successo». Ma c’è un’altra domanda che il Pd avanza: cosa intendeva dire Marchionna quando ha asserito che «questa vicenda ha una delicatezza politica» legata al fatto che Giovanni Antonino è padre nobile del Pri (partito di maggioranza) e genitore di Gabriele, presidente del consiglio? Anche in questo caso, la versione fornita dal sindaco nella sua nota sembra confliggere con quella data qualche ora prima. E nella condotta del sindaco, l’ex primo cittadino e capogruppo di Avs, Riccardo Rossi, ravvede addirittura profili penali. «Scoperta la bugia che ha appreso della sentenza dalla stampa, Marchionna afferma che non aveva nuove considerazioni da esporre in giudizio e quindi il Comune - attacca Rossi - avrebbe perso nel ricorso, che invece ha presentato l'Agenzia delle entrate. Ma qui si apre un tema: difendere l'interesse del Comune è un atto obbligatorio. La mancata difesa con un voluto mancato ricorso su un credito di oltre 2 milioni è un danno per l’ente. È possibile quindi configurare una responsabilità e un reato per omissione di atti di ufficio? È grave per un primo cittadino mentire e di conseguenza scaricare le responsabilità sugli uffici che non l'avrebbero informato. Così come è gravissimo che abbia affermato che la questione è delicata poiché l'ex sindaco ha il figlio presidente del consiglio comunale. Insomma, si vuole governare - chiosa Rossi - nell'interesse della città o di partiti e consiglieri di maggioranza?». Nella sua lettera di difesa, Marchionna ricostruisce le varie tappe della vicenda. «Il Comune ha appreso della nomina dell’Organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento attraverso una comunicazione del 2 agosto 2024 da parte dell’Agenzia delle entrate-Riscossione Puglia, parte principale della procedura. La giunta comunale immediatamente ha dato mandato all’Avvocatura civica di opporsi all’organismo di composizione della crisi e successivamente di costituirsi e resistere nella procedura giudiziale. La giunta, nell’agosto dello scorso anno, ha quindi compiuto un atto politico netto. In conseguenza di questa scelta politica, il Comune si costituiva in giudizio in opposizione alle richieste presentante dall’istante e, alla luce delle proprie difese, veniva coinvolta la Corte dei conti, che confermava - spiega il sindaco - le posizioni del Comune e prospettava l’impossibilità di partecipare al giudizio, chiedendo il coinvolgimento della Procura della Repubblica nella valutazione di merito. Nonostante la puntuale difesa operata dal Comune, il giudice ha ritenuto di respingere tutte le eccezioni formulate dal Comune, dalla Procura della Repubblica e dall’Agenzia delle entrate-riscossione. L’amministrazione comunale, con nota pec, ha comunicato tale decisione alla Corte dei conti per le sue determinazioni. Allo stato, l’Agenzia delle entrate-riscossione, creditore procedente abilitato, non risulta abbia opposto ricorso, nonostante l’atto di cessione del credito (cartolarizzazione) definito nel 2018 a seguito di decisione del commissario Giuffrè». Una ricostruzione che non convince affatto il Pd. «La titolarità sostanziale del credito spetta al Comune. L’Agenzia delle entrate-riscossione - replica il dirigente del Pd, Oreste Pinto - ha una funzione tecnica di riscossione, non entra nel merito del credito, se non per l'aggio di sua spettanza, né sostituisce il Comune nella valutazione di convenienza o opponibilità del piano». Pinto sottolinea poi come «nella memoria depositata contro il piano Antonino, il Comune parla di indulto civile, sostenendo che la proposta rappresenta una lesione grave dell’interesse pubblico e chiedendone il rigetto. Anche le altre parti opponenti hanno contestato duramente il contenuto e la legittimità del piano. Una di queste ha già presentato un reclamo che, nel caso di accoglimento, potrebbe avere effetto anche per la parte di credito del Comune. Ma nonostante la sua posizione netta contro il piano di Antonino, la giunta ha lasciato scadere i termini per impugnare la sentenza di omologa senza alcuna spiegazione convincente». Infine, l’affondo sul peso politico di Antonino padre e figlio nella maggioranza: «Il Partito repubblicano è essenziale per la tenuta della maggioranza, impugnare la sentenza avrebbe significato indispettire un alleato tra i più leali, creare ulteriore tensione interna. Insomma, si è preferito privilegiare logiche interne all'amministrazione rispetto alla possibilità di difendere un credito di due milioni di euro, e per farlo - chiosa il dem - si è scelto di non dire la verità».

Il sindaco sulla scelta di non opporsi: «Non c’era speranza di successo» Il Pd: «Ammette che sapeva della sentenza. Tutelati equilibri politici»
Venerdì 11 Luglio 2025, 11:05