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Brindisi, ospedale «Perrino»: Pronto soccorso verso il collasso

 
Federica Marangio

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Federica Marangio

Infiltrazioni di acqua al Perrino di Brindisi

L'ospedale Perrino di Brindisi

Pochi medici e turni massacranti, Disagi anche per gli utenti

Domenica 20 Dicembre 2020, 13:27

13:28

BRINDISI - Un Pronto Soccorso che rischia di non essere... pronto al, soccorso.

Al “Perrino” gli 8 medici in forza devono farsi carico di centinaia di accessi quotidiani. Pare un’assurdità che nel luogo deputato alla gestione delle emergenze per antonomasia, quale il Pronto Soccorso, ci sia un grave disagio sintetizzabile nella formula variamente adottata nel corso della pandemia, della penuria di personale.

Se nei reparti è una criticità con la quale ci si confronta per ottimizzare le risorse umane e garantire la massima assistenza, al Pronto Soccorso del “Perrino” è diventato ordinario lo straordinario. E non si tratta delle ore in eccesso – non sempre retribuite, ma questo è un altro discorso – quanto della difficoltà oggettiva di lavorare con lucidità portando avanti turni massacranti. Come possono 8 medici gestire un Pronto Soccorso articolato su cinque codici che distinguono differenti intensità di emergenza, dal rosso al bianco se ne sono previsti due su turno? Considerato che ogni giorno prevede tre turni – mattina, pomeriggio e notte – e per ogni turno vengono impiegati due medici, con un dispendio quotidiano di sei, quando riposano i 6 se il totale è di 8?

Non è un problema matematico di facile risoluzione, in quanto la risposta è lapidaria: non riposano. E poi ci si potrà domandare “come riescono a prestare servizio in queste condizioni quasi da dopoguerra se non hanno la possibilità di recuperare?”. È vero che la pandemia ha fatto registrare un lieve calo degli accessi giornalieri al Pronto Soccorso, ma se in una sola giornata transitano 50 codici, ci si chiede come se la passano fisicamente e psicologicamente quei medici il cui compito non è solo di rilevare la temperatura o prescrivere un antibiotico, ma di grande responsabilità e questo lo riconosciamo senza dubbio.

Per fare i conti un’altra volta, a quei survivor – come altro possiamo definirli se non sopravvissuti – possono capitare 34 turni su 30 giorni, notti consecutive senza ovviamente alcun riposo, doppi turni, sedute aggiuntive, non sempre retribuite. Un’altra perplessità si aggiunge alle precedenti: per gli 8 medici che lavorano annullando se stessi e i loro cari, perché per questi sopravvissuti, già riuscire nell’impresa titanica di tornare a lavoro e garantire una prestazione acuta e scrupolosa è una scommessa quotidiana, oltre al danno pure la beffa. Perché di quegli 8, solo 5 sono strutturati e gli altri 3 lavorano con regime di Partita Iva e, se sforano il numero di ore per cui il budget esonda il limite previsto, devono sottoporre ad una tassazione quasi del 50% le ore in eccesso. Praticamente lo stipendio che ricevono è numericamente vicino allo stipendio che percepirebbero se lavorassero la metà delle ore perché la tassazione sarebbe inferiore. Tutto questo panegirico perché è assurdo privare i medici di una vita privata oltre il lavoro e non prevedere neppure la soddisfazione economica, che in qualunque mestiere è considerata un incentivo per lavorare meglio. E in ogni caso, al Pronto Soccorso del “Perrino” solo 8 medici, mentre nel barese per ospedali più piccoli alcuni Pronto Soccorso possono contare su più di 20 medici.

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