Martedì 04 Novembre 2025 | 11:12

Pd, i veleni sulla coordinatrice delle elezioni a Canosa: «Il marito pagò per farla eleggere». La replica di Silvestri: «Accuse infondate»

Pd, i veleni sulla coordinatrice delle elezioni a Canosa: «Il marito pagò per farla eleggere». La replica di Silvestri: «Accuse infondate»

 
massimiliano scagliarini

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massimiliano scagliarini

Pd, i veleni sulla coordinatrice delle elezioni a Canosa: «Il marito pagò per farla eleggere»

In uno stralcio del fascicolo sul clan Boccuto spuntano le accuse all'ex assessore regionale Silvestri: «Offrì soldi per i voti alla moglie»

Martedì 04 Novembre 2025, 05:00

10:55

Non solo il controllo di estorsioni e traffico di droga, ma anche presunte pressioni sulla società appaltatrice della raccolta rifiuti. Un controllo militare, quello del clan Boccuto sul territorio di Canosa, grazie pure al traffico di armi e ai rapporti (stretti in carcere) con la mafia foggiana e gli Strisciuglio di Bari. E - questo il motivo che rende attuale la storia - la possibilità che qualche sodale del clan si sia prestato a raccogliere voti, alle scorse elezioni comunali, a favore di una consigliera poi eletta in una lista civica e oggi transitata nel Pd.

Lunedì davanti al gup di Bari, Rossana de Cristofaro, è prevista l’udienza preliminare nei confronti di 23 persone che la Dda di Bari, con la pm Luciana Silvestris, accusa di associazione mafiosa finalizzata a omicidi, traffico di droga e armi ed estorsioni. Il 16 giugno i carabinieri hanno eseguito 17 arresti per spezzare la «liturgia camorristica» del giovane capoclan Daniele Boccuto, ritenuto in grado di dare ordini indisturbato nonostante fosse già rinchiuso nel carcere di Siracusa: avrebbe continuato a guidare gli affiliati attraverso un altro giovanissimo, Andrea Di Gennaro, 25 anni, ritenuto il suo braccio destro e ora rinchiuso nel carcere di Melfi.

Del gruppo guidato da Boccuto avrebbe fatto parte anche Giuseppe Caracciolo, ammazzato per vendetta nel 2020 a due passi dalla sede del Comune. A lui sarebbe subentrato il figlio Tommaso, considerato l’armiere del gruppo e per questo sottoposto a giugno a custodia cautelare. Ed è qui che la storia incrocia la politica...

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LE REPLICA DI SILVESTRI: ACCUSE INFONDATE

«Nessun voto comprato per far eleggere mia moglie» — la replica di Silvestri alle accuse apparse sulla Gazzetta del Mezzogiorno. «Si tratta di veleni e infamie» — dichiara Silvestri — «quelle oggetto della sconcertante ricostruzione scaraventata in prima pagina. Io non sono indagato, e la vicenda è molto diversa da come viene rappresentata dal titolo sensazionalistico dell’articolo, che riporta un virgolettato senza nemmeno chiarire a chi vada attribuito.»

«Non ho comprato voti per far eleggere mia moglie. Anzi. La persona con cui ho parlato era, all’epoca, un bracciante incensurato che cercava di costruirsi un futuro onesto, lontano da contesti criminali. Gli ho chiesto di votare mia moglie, sì, ma mai in cambio di denaro.» «Con lui ricordavo semmai l’impegno che mia moglie, dirigente scolastico, ha sempre dedicato alla formazione del fratello minore di quella stessa persona — un ragazzo seguito con attenzione e umanità.
Questo era l’unico “scambio”: il riconoscimento di un lavoro educativo serio, di una scuola che offre opportunità e riscatto, soprattutto dove la povertà e la criminalità provano a soffocare i sogni dei più giovani.»

«In ogni sede sono pronto a dimostrare quanto affermo. Perché il vero obiettivo di queste insinuazioni è un altro: screditare una scelta politica che vuole rompere vecchi meccanismi di potere e restituire dignità alla democrazia. Ma la verità, prima o poi, verrà fuori. E io non ho nulla da temere.»

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