Non c’erano i presupposti richiesti dalla legge per ritirare la qualifica di pubblica sicurezza agli agenti della polizia locale di Bari coinvolti nell’ispezione disposta dalla prefettura di Bari a seguito dell’inchiesta «Codice Interno». E’ per questo che oggi 3 novembre il Tar di Bari (Prima sezione, presidente Spagnoletti, estensore Allegretta) ha annullato quattro dei provvedimenti disposti dal prefetto: in un caso, quello di una vigilessa, è stata annullata anche la sospensione di tre mesi disposta dal ministero dell’Interno.
La revoca della qualifica di pubblica sicurezza, e dunque della possibilità di portare l’arma, era stata disposta il 26 marzo dal prefetto Francesco Russo. Sei giorni prima il Comune aveva deciso il trasferimento di nove agenti di polizia locale a mansioni non operative (a maggio quattro di loro sono tornati a indossare la divisa, ma sempre senza arma). La motivazione delle decisioni prefettizie era in presunti «rapporti» inopportuni – rilevati dalla commissione d’accesso - tra i dipendenti comunali ed esponenti dei clan baresi: ad esempio parentele con esponenti dei clan, rapporti di affari con un pezzo da ‘90 dei Palermiti, frequentazioni controindicate.
C’è poi il caso della vigilessa F.R., sospesa dal servizio per tre mesi perché accusata di non aver sequestrato il veicolo guidato da un minorenne ritenuto vicino al clan Capriati della città vecchia. Nel suo caso, il Tar di Bari ha annullato anche il decreto con cui a febbraio 2025 il ministro dell’Interno ha disposto la sospensione: tuttavia nei confronti della donna, dopo che in sede penale è stata disposta la prescrizione dell'ipotesi di omissione di atti d'ufficio (i fatti contestati risalgono al 2017), il Comune ha riattivato il procedimento disciplinare. Il 3 dicembre il Tar di Bari si esprimerà su un quinto ricorso, mentre un sesto vigile ha agito in sede civile.
















