Barletta, viola coprifuoco e aggredisce poliziotto per evitare sanzione: arrestato
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Nella Bat
Nico Aurora
09 Febbraio 2021
«Ieri mattina (domenica, ndr) ho servito giusto qualche caffè da asporto mentre contemporaneamente, in piazza della Repubblica, si registravano tanti assembramenti di famiglie con i figli vestiti in maschera fra coriandoli, stelle filanti e mancanza totale di distanziamento. La zona arancione la siamo patendo due volte, perché noi siamo costretti a lavorare con il contagocce, mentre altrove si può fare quello che si vuole senza incorrere in alcuna sanzione. Questo fa capire che la gente è stanca e trasgredisce le regole, ma adesso siamo stanchi anche noi ed è giusto che qualcuno la nostra protesta la ascolti».
Così ieri mattina Margherita Di Vito, che ha mantenuto la promessa di servire al banco e ai tavoli nel suo bar di via Tasselgardo e, per tale motivo, è stata oggetto di accertamenti da parte della Polizia locale, tre dei cui agenti hanno annotato i nominativi di lei, dei dipendenti e dei clienti in quel momento nel locale.
Se questo sia stato il preludio di una sanzione non è dato conoscerlo, ma l’impressione è che difficilmente si faranno sconti di alcun tipo, pur comprendendo le ragioni di una protesta che, peraltro, è rimasta esclusivamente individuale.
La signora Margherita, in cuor suo, sperava che altri le si affiancassero in questo moto di rabbia per il diritto al lavoro, ma così non è stato. Si è sentita lasciata sola dai colleghi ed anche dal sindaco, Amedeo Bottaro, che aveva invitato nel suo bar per confrontarsi con lui: «Mi sarebbe passato anche che venisse insieme con la Polizia locale, in veste istituzionale - chiarisce -, ma io spero ancora di vederlo qui da me, così come tante volte è venuto da cliente nel passato».
Il riferimento è anche ad una presunta disparità di trattamento, con riferimento ai distributori automatici: «Un bar deve terminare l’asporto e chiudere alle 18, ma un distributore automatico può continuare a vendere gli stessi articoli che vendo io, anche dopo le 18, spesso con tanta gente all’interno di quei locali e senza la presenza fisica dei titolari. E questo, credo, è un problema che si potrebbe correggere proprio a livello comunale»
Il primo destinatario della protesta, peraltro, si chiama Michele Emiliano, che ha dichiarato più volte di preferire l’arancione al giallo per motivi di salute pubblica. «Quello che il governatore dice perde di significato per i dati del contagio, che sono qui sono in calo, e per il fatto che c’è tantissima gente in giro. Il cambio colore, allora, affligge soprattutto il nostro settore e non è cosa da poco per un per un bar come il mio, che ha oltre 100 posti a sedere. Di certo io non rinnego nulla di quello che ho detto e fatto - conclude la signora Di Vito -, anche se mi auguro che l’attività di controllo si sia estesa a tanti altri locali che, a differenza mia, potrebbero avere servito lo stesso al banco e ai tavoli senza avevo annunciato e quindi di nascosto. Mi sarebbe piaciuto che fossimo tutti uniti nella protesta, ma è evidente che troppi pensano al proprio orticello e così diventa ancora più difficile andare avanti per il bene di questa categoria».
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