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Michele Piazzolla
10 Aprile 2019
«Non c’è libertà senza legalità». È il tema della conferenza sulle questioni di legalità e ambiente svoltasi domenica scorsa presso l’auditorium della parrocchia San Paolo Apostolo. L’iniziativa promossa dai giovani e dagli educatori dell’Azione Cattolica parrocchiale si inserisce nella IV edizione dell’Areòpago, dialoghi tra cultura e fede.
All’evento, sono intervenuti: il parroco di San Paolo don Rino Caporusso; Francesco Messina, giudice presso il tribunale di Pesaro e don Massimo Serio, teologo morale e viceparroco di San Paolo. A moderare: Angelo Maffione (La Tenda). «La legalità è un concetto che va riempito di significati concreti, autentici e profondi - secondo il giudice Francesco Messina - altrimenti fa solo parte del rito. Legge e giustizia non sempre coincidono. Per avvicinare la prima alla seconda c'è bisogno sempre di una riflessione critica del cittadino, di un momento di pensiero. Si tratta di mettere in relazione ciò che accade oggi con la nostra tradizione sia giuridica che culturale. Cultura come desiderio di ri-equilibrio, di ricerca di percorsi che avvicinino all'essere uomini autentici più che al potere e al consenso del momento. Concepire l'idea di legge e di diritto solo in chiave cinica, assecondando le pulsioni peggiori e, magari, codificandole senza alcuna prospettiva generale, porta a una deriva nichilista. Perché da un lato tradisce la nostra tradizione, la nostra storia; dall'altro, significa la perdita della memoria».
«In questo senso - ha spiegato Messina - la distruzione dell'ambiente in cui viviamo non è solo un evento ecologico, ma rappresenta una gigantesca amnesia collettiva, la perdita di ciò che siamo stati, la certezza di ciò che non sarà più. C'è bisogno di un salto etico, di uno scatto esistenziale che permetta di riacquisire, per noi e per gli altri, il senso vero del vivere, dello stare insieme. Si tratta, quindi, di riconsiderare il significato profondo di due parole: compito e responsabilità. Due parole che rappresentano soprattutto un progetto di vita, una sfida a chi guarda basso, senza il coraggio laico o quello della fede». «La nostra storia - ha concluso il giudice barlettano - sarà quello che vogliamo che sia. Del nostro impegno o della nostra ignavia saremo giudicati».
Per don Massimo Serio: «Difendere, custodire e salvaguardare la biosfera che ci ospita, significa mettere in atto strategie che tutelino non solo quel pianeta che verrà, ma anche e soprattutto questa realtà viviamo». Di qui il richiamo all’enciclica “Laudato Sì” del 2015 di Papa Francesco: «Affrontare la cura della casa comune non ha nulla di irrazionale e neanche di romantico. È una realtà poliedrica. Complessa. E richiede accanto alle macrooperazioni, anche micro-pratiche, di uso comune: azioni ordinarie ma significative e che riguardano la responsabilità delle singole scelte compiute ogni giorno. La persona quindi, con le sue scelte, è il cardine determinante per passare da un paradigma lineare, avido e consumistico, ad uno circolare, solidaristico e più contenuto. Così da rendere i rifiuti delle vere risorse e non delle possibili minacce per la nostra salute». Quanto alla questione ambientale: «Riciclo, riuso, riparazioni, raccolta differenziata: questo eviterà la cultura dello scarto, dell’usa e getta, della obsolescenza. Tutte dinamiche che impongono la responsabilità di compiere azioni belle. Ed eseguirle è un dovere che si staglia come un grande segno di civiltà sul cumulo della spazzatura provocata da politiche miopi». La conclusione di don Serio: «Bisogna crescere nella consapevolezza che tra noi e l’ambiente esiste una relazione forte e intrecciata, per cui l’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme e quindi urge un approccio integrale e sociale così da integrare anche la giustizia nelle discussioni sull’ambiente».
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