«La fatica è una realtà inevitabile, mentre la possibilità di farcela o meno è a esclusiva discrezione di ogni individuo. Credo che queste parole riassumano alla perfezione la natura di quell’evento sportivo che si chiama maratona». Questa perfetta sintesi del grande ed insuperabile Haruki Murakami è la fotografia reale di cosa significa correre la maratona. Una gioia della vita, aggiunge il cronista. A conferire, però, un valore aggiunto in termini di straordinarietà - tanto per il gesto atletico quanto per l’esempio - l’impresa compiuta l’altro ieri a Roma dallo stacanovista della corsa Paolo Giannini, maratoneta ipovedente iscritto alla Barletta Sportiva affiliato alla Fispes. Gli applausi per lui tanti e sinceri. Paolo, 33 anni fisioterapista con studi a Firenze e in questa condizione dalla nascita, è un ragazzone che ispira fiducia. Quella di Roma è stata la decima maratona.
Ad accompagnarlo nelle strade della Capitale il suo inseparabile amico Giovanni Paparella che con grande altruismo e senso della amicizia lo ha guidato in questa avventura. «Correre è qualcosa che ti riempie il cuore e ti fa stare bene», ha raccontato al cronista accarezzando la sua medaglia tra le mani nel viaggio di ritorno da Roma a Barletta. Snocciolando il caleidoscopio dei 42 chilometri e 195 metri, ha aggiunto: «Roma ha un fascino molto particolare per le emozioni che si provano quando si corre sulla storia. L’entusiasmo della gente è meraviglioso e ascoltare gli incitamenti in varie lingue è fantastico». Poi un consiglio a chi è nella sua condizione: «Invito tutti ad appassionarsi alla corsa come momento di integrazione e di divertimento. Certo costa fatica ma nevale la pena. Dedico questa vittoria a me stesso, a Giovanni e a tutti coloro che mi vogliono bene». «Stare con Paolo è sempre un insegnamento di vita. A Roma aver condiviso i chilometri anche con Anna Lattanzio e Salvatore Paparella è stato indimenticabile». ha detto Giovanni. Un plauso è stato espresso dal presidente della società Enzo Cascella.