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L'INTERVISTA
Nicola Marvulli
30 Aprile 2020
Vicenzo De Bartolo, playmaker altamurano di 31 anni, due scudetti col Siena (giovanili), ora in C Golden ad Arezzo: da Nord a Sud per inseguire la sua passione, il basket. Come è andata l’esperienza con l’Amen Scuola Basket Arezzo?
«Fino all’interruzione, una stagione positiva per me e per tutto l’ambiente. Eravamo sesti e playoff assicurati. Squadra nuova, neo promossa, ma subito si è creata giusta alchimia. Sono rimasto colpito dall’organizzazione e dalla struttura societaria. Impeccabile».
Il basket al tempo del Covid 19. Paura per il futuro?
«Con mio fratello Vito abbiamo ad Altamura una società di mini basket. Stanno arrivando diverse circolari e per il basket, sport di contatto, le precauzioni e le restrizioni da adottare in future saranno tante, come le preoccupazioni. In generale, per molte società ci saranno da fare molte valutazioni per garantirsi un futuro, primo fra tutti considerare seriamente l’inizio della prossima stagione a gennaio, cosa proposta da alcune società, così da ripartire in sicurezza e con i palazzetti pieni di pubblico. Una partita senza pubblico è come una gara in allenamento. Senza mordente. Per la Federazione l’opportunità di spingere ad investire sui giovani e sui settori giovanili, il vero futuro e traino di qualsiasi disciplina sportiva. Da questa pandemia dobbiamo tutti avere il coraggio di cambiare e di farlo in meglio. Avevo molte proposte, anche da società pugliesi, ma ho scelto di tornare in Toscana, mia seconda casa. La prossima stagione penso di riavvicinarmi a casa come faranno tantissimi atleti».
Che annata sarà la prossima per il basket?
«Anche se inguaribile ottimista e positivo, spero di cuore che presto tutto torni come prima, ma è innegabile che per ripartire tutti dobbiamo fare dei sacrifici, la Federazione in primis, abbattendo ad esempio dei costi che sono oggi impensabili per molte società, primo fra tutti i costi di tesseramento, che andrebbero sensibilmente ridotti. Per capirci, una squadra iscritta ad un campionato Serie C Gold che tessera un cestita paga, solo per il suo tesseramento, quasi tremila euro alla Federazione, in B1 quasi sette mila. Anche solo abbassando sensibilmente queste cifre ecco come fattivamente aiutare le società nell’annata più difficile della loro storia, e permettergli di non penalizzare troppo gli stipendi degli atleti».
Ci racconta un po’ della sua vita da cestista?
«Papà di Bari e mamma di Altamura. Il basket sin da bambino diventa il mio sport e la mia passione. Da piccolo cresco cestisticamente con Michele Larato e Giovanni Laterza. Eravamo ragazzini terribili e arrivammo quarti in un campionato nazionale. La città di Altamura sfornò una nidiata di talenti, come me, mio fratello Vito, Nicolò Basile e Domenico Barozzi. Tutti atleti di spessore e di livello. Sia io che Domenico fummo adocchiati dai talent del Siena e lasciammo Altamura. A 13 anni entrai nel loro settore giovanile. Si viveva per il basket, una struttura unica nel suo genere, una fucina di talenti ed investimenti mirati. Erano gli anni degli scudetti in serie per il Montepaschi Siena. Dopo quattro anni nelle loro giovanili vincendo due scudetti, gioco un anno a Firenze, poi Potenza in B1, tre anni in Sicilia, quattro ad Altamura, e quest’anno Arezzo. L’entusiasmo e la professionalità tra Nord e Sud è lo stesso, purtroppo la differenza la fa l’assenza atavica di strutture e palazzetti».
Se è vero che la partita più bella è quella ancora da giocare, la sua quale sarà?
«La partita che sogno è quella in cui torno a rivincere un campionato. Da grande vorrei fare l’allenatore. Oggi si parte dai più piccoli e dai 115 bimbi dai 6 ai 14 anni della nostra Basket School Altamura».
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