I delicati color pastello e le fantasie, fiorate e alla marinière a righe quindi, abbracciano i più piccoli. Il risultato? Le collezioni sartoriali tutte dedicate ai bambini e realizzate da Stefano Cavalleri ed è proprio a loro che il designer si dedica con passione. Intessendo quel mondo, e cioè quello dell’alta moda, sospeso nel tempo laddove i protagonisti sono gli abiti. Stefano, che nel corso della sua vita ha girato davvero il mondo e non c’è stato viaggio in cui non si sia lasciato ispirare, ha scelto di tornare al Sud e precisamente a Matera, dove continua la sua attività.
«Sono quarant’anni che lavoro nella moda – dichiara Stefano Cavalleri – cinque anni fa al Pitti hanno fatto un omaggio alla mia carriera ed è stata una bellissima esperienza, ho preparato una collezione tutta rossa».
Ogni viaggio l’ha sempre ispirata per le sue collezioni, e se fosse realizzata pensando a Matera che ormai è diventata la sua città?
«Ho scritto a Pantone perché mi piacerebbe se ci fosse un nuovo colore, e cioè “Blu Matera”. È il più bello che abbia mai visto, sono talmente innamorato di questa città. Le collezioni sarebbero quindi color del tufo, un non-colore, sabbia caldo e sempre splendente. Matera non ha una tradizione di vestiti, anche se per le sue caratteristiche è molto particolare come la porta della chiesa di San Giovanni Battista e di San Francesco d’Assisi, sono come dei merletti. Per questo motivo aggiungerei tanto pizzo agli abiti. In fondo la città è ricamata nella pietra, quindi sarebbe tutto un ricamo monocolore con delle punte d’azzurro, il suo cielo».
Secondo lei c’è futuro al Sud per tutti i giovani che vogliono lavorare nella moda?
«La mia è una storia di immigrazione al contrario. Sono arrivato da Bergamo e poi sono approdato al Sud, attualmente a Matera. Ho scelto questa città, o forse è stata proprio lei a scegliere me. Bisogna crederci, le occasioni per lavorare in questo settore però si creano specialmente al Nord. Per realizzarsi bisogna fare anche sacrifici, talvolta mettendo da parte la propria vita privata. Come ho fatto io viaggiando e facendo esperienze in tutto il mondo. Anche se molto dipende dalla mentalità e dall’essere pronto alle sfide che ci pone davanti la vita. Bisognerebbe investire di più e crederci nel proprio futuro».
Lei è partito dall’alta moda donna per arrivare poi a quella dedicata al bambino. Chi è davvero Stefano Cavalleri?
«Ho dedicato la mia vita ispirandomi a tutto ciò che è bello. Per me la moda non è business, è invece capire i più piccoli. I bambini non possono essere trattati come degli adulti e allo stesso modo devono indossare abiti che rappresentano davvero il loro mondo. Per questo motivo ho fondato l’Osservatorio sull’immagine dei minori coinvolgendo La Sapienza di Roma e la Cattolica di Milano, iniziando così a fare alcune ricerche. Per questo motivo il presidente Carlo Azeglio Ciampi mi ha dato l’onorificenza di Cavaliere ufficiale della Repubblica Italiana. Quando mi hanno proposto di portare la fondazione per presentarla al Campidoglio, dovevamo trovare una testimonial che fosse conosciuta nel mondo, abbiamo scelto Rita Levi-Montalcini. È stata lei la nostra madrina. La mia identità è nella moda, che sia nella donna o nel bambino ci deve essere il bello. Passo giorni a disegnare specialmente gli abiti e gli accessori per le bambine».
Com’è nata la sua passione per la moda e a chi o cosa si è sempre ispirato per le sue collezioni dedicate ai bambini?
«In realtà, sono nato con l’alta moda donna, la passione per la moda l’ho avuta fin da subito. Sono sempre stato un grande viaggiatore. Ho comprato le varie cose nel mondo (per lo più indiane e africane) e le ho portate in Italia come le camicie da notte di lino e cotone che ho personalizzato e tinto, ero il re del super iride. Nella mia attività mi ha sempre seguito Mauro Balletti, “il fotografo di Mina”, e anche lei è diventata una mia amica iniziando a frequentare il mio negozio, “Arcobaleno”. Un luogo di punta di tante celebs, come Mia Martini e Loredana Bertè. In realtà, questo è stato un momento magico della mia vita. Ho poi iniziato a lavorare in una grande azienda di moda. Proprio sul lavoro ho conosciuto Imelde che però perdo di vista perché la chiamano a lavorare per Pierre Cardin. Un anno e mezzo dopo ero a Firenze, al Pitti Donna (non c’era ancora la settimana della moda milanese), e l’ho ritrovata casualmente proprio là. A un certo punto ho capito che ciò che manca nella moda è proprio quella dedicata al bambino, perciò con lei abbiamo inaugurato una nuova linea, “Pinco Pallino”. A ispirarmi sono i bambini dai capelli rossi e le lentiggini, trovo che siano speciali, infatti sono loro i protagonisti delle mie attuali creazioni e dei miei cataloghi. Sui vestiti che disegno ci sono tante rose, per me il mondo stesso è “la vie en rose”».
E dopo questa esperienza che cosa è accaduto nella sua vita?
«Non siamo più tornati all’alta moda donna perché siamo diventati i numeri uno proprio in quella bambino. A parte un’esperienza con il direttore di Vogue Italia, l’amica Franca Sozzani per realizzare alcuni servizi fotografici di abiti da sposa e da cerimonia per la rivista. E altrettanti tributi, il Wall Street Journal mi ha dedicato 23 anni fa la prima pagina parlando proprio di “Pinco Pallino”. Siamo partiti in piccolo per poi diventare mondiali. Tant’è che “Donna sotto le stelle” (il programma che chiudeva la settimana della moda di Roma) ha invitato per la prima volta un’azienda di moda per bambini a sfilare, e cioè la mia, ero molto emozionato. In quell’occasione ha sfilato per la prima volta anche Chanel, quindi è andata in pedana la mia collezione e poi quella della maison francese. Nel 2015 però le cose sono cambiate e ho deciso di realizzare una nuova linea, “Quis Quis”. Mi sono ispirato alle parole scritte sul muro di Pompei. Ho prodotto questa linea a Putignano, perché sono innamorato del Sud».