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Lello e Domenico Capriati, stesso destino: uccisi dal clan per il controllo dello spaccio

Lello e Domenico Capriati, stesso destino: uccisi dal clan per il controllo dello spaccio

 
Redazione Cronaca Bari

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Lello e Domenico Capriati, stesso destino: uccisi dal clan per il controllo dello spaccio

Le indagini sulla morte di Raffaele procedono spedite. Forse la svolta è vicina

Giovedì 06 Giugno 2024, 13:19

BARI - Parenti (di camorra) serpenti. Il destino di Raffaele Capriati, 41 anni, assassinato la sera del Lunedì dell’Angelo a Torre a Mare è stata la stessa di Domenico Capriati, 49 anni, suo fratello, assassinato in via Archimede la sera del 21 novembre del 2018, mentre stava rincasando. Entrambi, tornati in libertà dopo una luna carcerazione, stavano scalando i vertici dell’organizzazione, scatenando i sentimenti di rivalsa nei loro confronti da parte di coloro, che all’interno della stessa famiglia di camorra, aveva nel caso di Domenico e ha oggi per quello che riguarda la rivalità con Lello, la stessa ambizione. Due ammazzatine in famiglia per mettere le mani sul giro dello spaccio.

Secondo la ricostruzione della Procura Antimafia, Domenico venne ucciso con dodici colpi di mitraglietta e «il colpo di grazia» alla testa sotto gli occhi moglie e figlio. Una punizione feroce. Dinanzi alla Corte di Assise di Bari si sta celebrando il processo che vede imputati i presunti mandante ed esecutore materiale del delitto, Maurizio Larizzi e Domenico Monti, quest'ultimo ex braccio destro del boss Tonino Capriati.

Domenico e Lello Capriati figli di Sabino e nipote del «padrino» di Bari Vecchia, Antonio, detto Tonino, hanno un fratello, Filippo, 53 anni, che sta scontando una pena a 16 anni di carcere. Era lui il designato a prendere in mano le redine del clan fino a quando le patrie galere non lo hanno riaccolto.

Lello invece è tornato in libertà nel mese di agosto del 2022 dopo aver trascorso in carcere 17 anni per l’omicidio di Michele Fazio (il 15enne vittima innocente di mafia, ucciso per errore durante una sparatoria nei vicoli di Bari Vecchia a luglio 2001) e per associazione mafiosa. All’epoca aveva poco più di 18 anni. Quando ha lasciato il carcere, nei suoi confronti è stato applicato il regime della sorveglianza speciale: obbligo di dimora nel territorio di Bari e ritirata alle 22. Non aveva procedimenti pendenti noti, ma è probabile che prima di venire ucciso fosse stato proprio lui a prendere in mano le redini del clan, dopo la morte di Domenico e la carcerazione dell’altro fratello Filippo.

Non sembrava aver ereditato il carisma dei fratelli e secondo le versione degli investigatori in realtà sarebbero stati i figli ad acquisireil controllo mercato dello spaccio a Bari Vecchia. Lui probabilmente faceva da garante, supervisore. È stato ammazzato comunque. L’ipotesi alla quale stanno lavorando gli investigatori della Squadra Mobile e che viene confermata in queste ore in cui le indagini sembrano prendere un indirizzo ben preciso è che i suoi assassini appartengano a quella «paranza» dei Capriati decisa a conquistare il pieno comando ma soprattutto a fare quanti più soldi possibile con la droga. Giovani virgulti, nuove leve, che hanno preparato l’ennesima ammazzatina in casa Capriati, studiando le mosse e conoscendo le abitudine e le frequentazioni di «zio» Lello. Gente che sapeva dove avrebbe trascorso la sera del Lunedì di Pasqua. Lo hanno seguito e poi si sono appostati in via Morelli e Silvati attendendo che Raffaele ,Capriati salisse in macchina con la donna che era in sua compagnia. Quando l’automobile è partita loro, due su una moto, l’hanno affiancata, preso la mira e sparato con un unico intento, uccidere. Le indagini vanno avanti, in maniera spedita e il cerchio potrebbe presto chiudersi

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