BARI - Obbligavano i proprietari dei gozzi e dei pescherecci ormeggiati nel porto di Santo Spirito a pagare dai 10 ai 100 euro al mese come “protezione”. E da anni, in un clima di assoggettamento e omertà, molti degli oltre cinquanta armatori di Santo Spirito avrebbero pagato, senza mai denunciare.
Lo hanno scoperto i carabinieri che hanno arrestato quattro persone, un pluripregiudicato 52enne affiliato al clan mafioso Diomede Mercante, la moglie e due presunti complici, incaricati della riscossione del denaro. I tre uomini sono finiti in carcere, la donna ai domiciliari.
Rispondono, a vario titolo, di estorsione continuata aggravata in concorso, incendio aggravato con l’aggravante del metodo mafioso e occupazione abusiva di spazio demaniale.
L’inchiesta, coordinata dalla Dda e iniziata ad aprile 2022 dopo una denuncia anonima, si è avvalsa dell’analisi dei sistemi di videosorveglianza, oltre a numerosi servizi di osservazione e l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche, che hanno consentito di accertare che il 52enne svolgeva un servizio di guardiania abusiva nel porto, inducendo i diportisti a corrispondere somme di denaro a titolo di “protezione” del natante ormeggiato, pena la prospettazione di un danno ingiusto: furti, danneggiamenti alle imbarcazioni, incendi. Le richieste, su base mensile, erano definite da un tariffario in base alle dimensioni del natante, da un minimo di 10 euro per i “gozzetti” ai 100 euro per i pescherecci, e in base alla stagione (più onerose in inverno), il tutto in un clima di omertà e di assoggettamento delle vittime, consapevoli, in caso di rifiuto, del rischio di furto della strumentazione installata a bordo o del danneggiamento degli stessi natanti, come ricostruito nell’attività investigativa.
Il 52enne aveva anche occupato abusivamente l’area demaniale antistante il porto, delimitandola con una catena, così da impedirne l’uso pubblico al fine di adibirla a parcheggio delle autovetture private, ricevendo spesso la preventiva richiesta telefonica da alcuni utenti. Per liberare l’area da destinare a parcheggio abusivo avrebbe anche incendiato un gozzo. Lo stesso indagato avrebbe poi tentato di inserirsi nell’attività di custode presso un circolo nautico del porto, minacciando di morte e picchiando con un bastone il legittimo custode al fine di indurlo a rinunciare al servizio di guardiania svolto, senza tuttavia riuscirci. In un caso un armatore sarebbe stato costretto a pagare 500 euro per evitare l’affondamento del proprio peschereccio coinvolto in un incidente in mare con un’altra imbarcazione riconducibile agli indagati. Tra le presunte vittime accertate c’è anche un assistente di polizia, proprietario di una imbarcazione, che si sarebbe però rifiutato di pagare e avrebbe redatto una relazione di servizio per denunciare la vicenda.
Nelle perquisizioni fatte oggi, contestualmente alla esecuzione degli arresti, i carabinieri hanno trovato e sequestrato a casa del 52enne alcuni fogli manoscritti dove erano annotati nomi e importi, probabilmente il libro mastro del “pizzo” agli armatori del porto di Santo Spirito. Complice di questa contabilità sarebbe stata la moglie del pluripregiudicato.
Il procuratore aggiunto, coordinatore della Dda di Bari, Francesco Giannella, ha evidenziato la “emblematica condizione in cui vivono alcuni territori considerati erroneamente tranquilli dove purtroppo l’illegalità impera, è strisciante e soprattutto è molto tollerata”. Negli ultimi quattro anni a Santo Spirito è stata documentata una escalation di violenza dovuta alla presenza mafiosa sul quartiere, da pestaggi a familiari di collaboratori di giustizia a estorsioni ad attività commerciali.