Nuove tecniche di allevamento, escludendo la possibilità di lasciare allo stato brado gli animali specie la notte, usando recinti elettrificati e cani pastore degni di questo nome. Sono alcune delle avvertenze indispensabili per contrastare la predazione dei lupi e poterci convivere. Ne è convinto Francesco D'Onghia, tecnico Uniba del Dipartimento di medicina veterinaria ed esperto di fauna selvatica.
Solo un paio di giorni fa Coldiretti Puglia ha rilanciato l'allarme in seguito ad un attacco di lupi agli asini al pascolo in un bosco ad Alberobello.
E' possibile una convivenza tra uomo e lupo?
«Si, ma a determinate condizioni e la prima è cambiare le modalità di pascolo alle quali i nostri allevatori sono ormai abituati. Il lupo in Puglia era praticamente estinto da almeno gli anni '70, da allora gli allevatori hanno iniziato a lasciare bradi i loro animali, persino la notte, liberi a pascolare nei boschi. Questo non è più possibile. Gli animali devono essere protetti in recinti elettrificati e guidati da cani pastore veri come i maremmani, non con cagnetti tipo volpini, come ho visto in alcuni casi».
Quindi è l'uomo ad aver invaso l'habitat del lupo e non il contrario?
«E' così. Il lupo è tornato, ma ha trovato il suo territorio fortemente antropizzato. Troppo in alcuni casi. Stiamo parlando di un predatore a capo della catena alimentare, che può e deve avere i cinghiali come sue prede principali, ma che si trova di fronte ad agnelli, asini, pecore o capre lasciate libere. Non è stupido. Predare esemplari zootecnici, magari incustoditi, è molto più semplice. Ecco perché si deve tornare a rendere inavvicinabili gli animali da allevamento e definire gli spazi tra noi e il lupo».
Ma il lupo non aveva timore dell'odore dell'uomo? Come mai ora diventa così confidente, addirittura da avvicinarsi a centri urbani o entrare nelle aziende zootecniche?
«Anche questo è conseguenza di nostre cattive abitudini: rifiuti abbandonati ovunque anche nelle aree boschive e scarti di macellazione illegale gettati senza alcuna cura. Il lupo ha un fortissimo istinto di conservazione, mangia quello che trova e cibandosi dei nostri rifiuti si abitua al nostro odore. Collega l'odore dell'essere umano alla possibilità di avere cibo facile. Invece se al lupo tagliamo la possibilità di andare a fare la spesa di cibi facilmente, come fosse in un supermercato con tutto a disposizione, tornerà a predare i cinghiali. Con il risultato che anche il numero di cinghiali sul territorio si abbasserà e si limiteranno i danni che questi ultimi provocano agli agricoltori».
Ma è vero che il lupo non è più un animale a rischio?
«Sicuramente la specie non è più in difficoltà. Si sono riprodotti, anche se molti allarmi di allevatori che denunciano branchi di 15-20 animali non sono verosimili. Quando abbiamo portato avanti azioni di monitoraggio, attraverso le fototrappole abbiamo contato massimo 5-6 esemplari per territorio. Diverso invece è il caso di cani inselvatichiti a volte molossi, molto pericolosi. Così come è pericoloso far passare il concetto che è possibile abbattere i lupi: abbiamo prove scientifiche che è una strategia che ci si ritorce contro. Gli abbattimenti indiscriminati e che non tengono conto delle gerarchie del branco, provocano spesso il risultato inverso con un incremento delle nascite».
Quindi cosa deve fare un allevatore?
«Gli animali al pascolo devono avere come guardiania cani pastore maremmani, l’unica specie adeguata. Il maremmano ha in se un patrimonio genetico che lo rende unico nel tenere a bada i lupi. Il più delle volte senza neanche entrare in conflitto diretto. Poi i recinti. Non basta un muretto a secco per fermare i lupi, ci vogliono recinti alti con ante antiscavalco e soprattutto recinzioni elettrificate. Abbiamo portato avanti sperimentazioni in tal senso grazie al “progetto lupo” dell'Università di Bari e Regione Puglia, dimostrando l'azzeramento delle predazioni di animali zootecnici nonostante la presenza del lupo rimanesse forte sui territori. La convivenza è possibile».