BARI - Il caso non è chiuso. Dopo più di 45 anni l’omicidio politico di Benedetto Petrone, il giovane comunista assassinato la sera del 28 novembre 1977 in piazza Prefettura a Bari durante l’assalto di un gruppo di militanti di estrema destra, torna in un’aula di giustizia. Il gip del Tribunale di Bari Angelo Salerno, chiamato a decidere sulla archiviazione del procedimento (chiesta dal procuratore Roberto Rossi per prescrizione dei reati) non ha ritenuto di scrivere una tombale parola fine alla vicenda giudiziaria. Niente archiviazione, quindi, per il momento. Se ne discuterà il 4 luglio. Il giudice ha fissato una udienza per ascoltare le ragioni del procuratore e anche eventualmente quelle di chi deciderà di costituirsi, i famigliari della vittima o l’Anpi, l’associazione dei partigiani che si è fatta promotrice, tramite l’avvocato Michele Laforgia, della riapertura del caso.
All’epoca fu processato come unico autore Giuseppe Piccolo (condannato in primo grado dalla Corte d’Assise a 22 anni di reclusione, in Appello a 16 e morto suicida in carcere nel 1984 prima che la Cassazione si pronunciasse). Gli altri sette presunti componenti della «squadraccia fascista» che aggredì Petrone (alcuni minorenni) non sono mai stati accusati del delitto, ma solo di aver «aiutato l’omicida a eludere le investigazioni e le ricerche dell’autorità» e condannati fino a 8 mesi di reclusione per favoreggiamento o falsa testimonianza (prosciolti per amnistia i minorenni)....